Diritto

Manager colpevoli se le decisioni sono irragionevoli e poco approfondite

Senza valutazioni attente e coerenti il principio di insindacabilità non scatta

di Claudio Ceradini

Prendere decisioni rischiose si può, a patto che gli amministratori le assumano con diligenza, informandosi prima, valutando l’impatto organizzativo e finanziario dell’operazione, e adottando poi le necessarie misure. La responsabilità degli amministratori non deriva quindi dalla scelta in sé, nel merito lecita ed insindacabile anche se rischiosa. Il punto dolente è altro, e cioè il metodo con cui le decisioni sono state assunte, e le conseguenze gestite. È questa l’indicazione che arriva dalla lettura delle sentenze della Cassazione.

Si tratta in fondo della declinazione domestica che gli orientamenti di merito e legittimità offrono della business judgment rule che nei sistemi governati dal common low stabilisce pur faticosamente il punto di incontro tra rischio imprenditoriale e tutela degli stakeholders e che da noi cerca il difficile equilibrio tra la libertà di iniziativa degli amministratori ed i limiti derivanti dall’obbligo di destinare i mezzi resi disponibili da soci e creditori ad un risultato positivo, senza arrecare loro danni irragionevoli.

Il metodo quindi fa la differenza e si declina in due principali punti cardine, oltre ovviamente al rispetto della legge: la condotta diligente e la ragionevolezza.

La diligenza

L’amministratore deve operare secondo la diligenza richiesta dall’incarico. Lo ha confermato la Corte di Cassazione (sentenza n.2172 del 24 gennaio 2023), che è tornata sul tema della insindacabilità nel merito delle decisioni assunte dagli amministratori, pronunciandosi su una vicenda in cui all’acquisto di un ramo di azienda sofferente segue un inesorabile declino dell’acquirente verso l’insolvenza.

Una adeguata istruttoria, da cui scaturisca un quadro informativo adeguato (Cassazione 1783/2015), deve precedere la decisione e deve consentire una appropriata valutazione dei rischi e dei benefici prevedibili. La acquisizione di un ramo di azienda pesantemente indebitato, può di per sé costituire senz’altro una buona opportunità. Il potere contrattuale dell’acquirente e l’indebitamento del cedente possono determinare condizioni economiche e contrattuali invitanti, tali per cui l’operazione si prospetta come un buon affare, almeno potenzialmente. Ma comprare è facile, gestire è molto più complesso. Richiede che la struttura sia preventivamente adeguata alla nuova situazione, affinché il sogno del buon affare non si tramuti nell’incubo del precipizio e dell’insolvenza, come nel caso esaminato dalla Cassazione.

Il quadro informativo deve consentire di predeterminare le misure da adottare, in termini sia organizzativi, per consentire alle strutture di integrarsi nella prospettiva di produrre un profitto, sia finanziari, per disporre di risorse sufficienti a coprire il fabbisogno generato dall’operazione.

La ragionevolezza

Le decisioni, anche rischiose, devono essere ragionevoli (Cassazione 15470/2017) cioè coerenti rispetto al quadro informativo disponibile, non avventate. Consapevoli che il ramo di azienda acquistato era molto indebitato, con patrimonio di funzionamento negativo, gli amministratori avrebbero dovuto adottare provvedimenti adeguati a rendere remunerativo e sostenibile l’investimento. Invece non lo fanno, consentendo ai debiti di incrementarsi sino all’insolvenza ed occultando le perdite tra le pieghe del bilancio. Proprio qui la Corte di Cassazione individua il nesso causale tra condotta colposa degli amministratori ed il danno che l’insolvenza arreca ai creditori. Per questo, e non per aver compiuto una scelta rischiosa, gli amministratori sono responsabili.

Gli adeguati assetti

Infine una riflessione sugli adeguati assetti, oggi obbligatori in qualsiasi iniziativa d’impresa gestita collettivamente. Adeguare l’organizzazione alle esigenze aziendali e disporre di informazioni che consentano di individuare precocemente squilibri patrimoniali e di prevedere la sostenibilità del debito perlomeno nei dodici mesi successivi è oggi preciso obbligo normativo. Se la vicenda su cui la Cassazione si è pronunciata con la sentenza 2172/2023 accadesse oggi, gli amministratori non contravverrebbero solo all’obbligo di diligenza, ma violerebbero la legge, ed è molto peggio.

LE SENTENZE

Recupero dell’equilibrio
Compie un atto di mala gestio l’amministratore che acquista un ramo di azienda pesantemente indebitato e non provvede ad adottare le misure, organizzative e finanziarie, necessarie per creare i presupposti per il recupero dell’equilibrio finanziario e della redditività.
Cassazione sentenza n. 2172 del 24 gennaio 2023

Quadro informativo
È responsabile l’amministratore che senza consultare il proprio legale perfeziona una transazione sfavorevole per la società nell’imminenza dell’esito di un arbitrato. Non aver assunto un adeguato quadro informativo è una condotta non diligente.
Cassazione sentenza n. 1783, 2 febbraio 2015

Contratti irragionevoli
L’amministratore che conclude onerosi contratti con altre imprese privi di utilità reale per la società è responsabile per non aver agito in modo ragionevole, in coerenza con il quadro informativo disponibile, pervenendo a decisioni irrazionali ed avventate.
Cassazione sentenza n. 15470, 22 giugno 2017

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