Imposte

Uscita dal regime Cfc solo con l’alternativa del test

La circolare 29/E dell’agenzia delle Entrate superala posizione dello scorso anno. La dimostrazione dell’esimente non è più l’unica via

di Alessandro Germani

La fuoruscita dal regime Cfc può avvenire tanto mediante dimostrazione dell’esimente quanto superando le condizioni dell’Etr test e/o del passive income test, mentre in caso di confluenza della Cfc nella controllante italiana i valori delle attività e passività sono generalmente quelli utilizzati ai fini della Cfc al 31 dicembre dell’ultimo esercizio di tassazione per trasparenza. Sono questi i due chiarimenti della circolare 29/E di ieri che integrano quelli della circolare 18/E/21. La disciplina Cfc trova spazio qualora la controllata estera nello stesso tempo:

Oè soggetta a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbe assoggettata in Italia (Etr test);

O più di un terzo dei suoi proventi sono passive income.

In questi casi il reddito della controllata estera è imputato per trasparenza in capo alla controllante residente (articolo 167 comma 6 del Tuir), a meno che non scatti l’esimente del comma 5, potendo dimostrare che la controllata svolge nello Stato di residenza (o stabilimento) un’attività economica effettiva con impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.

Così potrà accadere che in un periodo d’imposta la controllata ricada nella Cfc, ma in un altro no. Tuttavia la circolare 18/E/21, sulla falsariga della circolare 23/E/11, ha chiarito che dopo l’ingresso nella Cfc la fuoriuscita può avvenire solo provando l’esimente.

Questa interpretazione viene ora superata per ragioni di semplificazione e in chiave Atad, prevedendo pertanto che la fuoriuscita avvenga, oltre che per l’esimente, mediante i test dell’Etr e del passive income.

Anche perché l’Agenzia in dichiarazione dispone di un regime di “monitoraggio” per il quale il contribuente può optare irrevocabilmente. Similmente, in un’ottica semplificatoria, il contribuente che fuoriesce per via dei test può decidere di continuare ad applicare la Cfc fino a che non provi l’esimente.

Tuttavia il contribuente, anche nei periodi in cui è fuori dalla Cfc, dovrà ottemperare al monitoraggio dei valori fiscali se vuole utilizzare le perdite residue virtuali, le eccedenze di interessi e/o di Rol e i valori fiscali patrimoniali aggiornati.

Tuttavia l’Agenzia, se la fuoriuscita dalla Cfc non avviene mediante l’esimente, a livello di rischio dovrà attentamente monitorare che non vi siano fenomeni patologici di transfer pricing, esterovestizione o interposizione riguardanti la società estera.

L’altro chiarimento è relativo all’entry tax per quanto concerne i valori fiscali degli attivi e passivi delle società che si trasferiscono in Italia (articolo 166-bis Tuir). Se tale società era una Cfc, allora quei valori devono essere assunti pari a quelli usati ai fini della Cfc al 31 dicembre dell’ultimo esercizio di tassazione per trasparenza. È chiaro che la circolare 18/E prevedeva come semplificazione il fatto che nei vari periodi di imposta il soggetto fosse sempre Cfc e che il trasferimento di sede avvenisse al 1° gennaio.

Le ipotesi in cui non si era sempre in regime Cfc andranno valutati caso per caso. Se il soggetto era Cfc in un periodo d’imposta anteriore a quello immediatamente precedente al suo trasferimento in Italia, nel quale non ricadeva nella disciplina Cfc per via dell’esimente o per i test, tale evenienza non assumerà rilevanza ai fini dell’entry tax.

Se poi il trasferimento avviene decorsi i 183 giorni, occorre fare riferimento a tale periodo d’imposta come ultimo periodo di residenza all’estero per la verifica citata.

Se poi il trasferimento della residenza fiscale in Italia non avviene in continuità di applicazione del regime Cfc, il riconoscimento dei maggiori valori fiscali in ingresso prescinde dal mantenimento della residenza fiscale dell’entità anche nello Stato di origine (caso di doppia residenza), rilevando soltanto l’ingresso dei beni nel regime d’imposizione italiano.

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