I temi di NT+Modulo 24

Prova in salita per l’esportazione fuori dalla Ue in esenzione Iva

La sentenza 155/1/2022 della Ctr Friuli Venezia Giulia: gli atti di natura privata come fatture e pagamenti sono sprovvisti del carattere di certezza e incontrovertibilità

di Benedetto Santacroce ed Ettore Sbandi

Ancora incertezza in materia di prova alternativa per l’esportazione, dove si registra un orientamento restrittivo della giurisprudenza di merito, che prende le mosse da una non proprio corretta interpretazione degli orientamenti della Cassazione, non considerando il quadro normativo Ue.

L’analisi di una recente sentenza della Ctr Friuli Venezia Giulia (155/1/2022) offre lo spunto per un’analisi su una tematica che ancora oggi, insieme a quella parallela delle prove alternative per le cessioni intra Ue, si mostra oltre modo insidiosa per le imprese. I giudici di merito, infatti, richiamando la sentenza 11112/2022 della Cassazione, nel caso specifico qualificano come non presente documentazione idonea a comprovare in via alternativa l’uscita dei beni dal territorio dell’Ue quale elemento determinante la non imponibilità delle operazioni svolte nel periodo; ciò in quanto gli atti versati in giudizio – a quanto pare – si risolverebbero in atti di matrice privata, come possono essere fatture e pagamenti relativi, di per sé sprovvisti del carattere di certezza e incontrovertibilità che invece sarebbe preteso dalla legislazione vigente.

Queste conclusioni sono discutibili se di esse viene data una lettura foriera del principio per cui l’avvenuta esportazione deve sempre e comunque risultare da atti pubblici. Tale principio, però, non è in linea con la disposizione di rango primario e regolamentare: l’articolo 35 del regolamento Ue 2447/15, infatti, per l’appuramento del regime in via alternativa, dispone che il dichiarante può fornire all’ufficio doganale di esportazione la prova che le merci hanno lasciato il territorio doganale dell’Unione anche «mediante uno dei seguenti elementi o mediante una combinazione degli stessi», tra cui, ad esempio, una copia della bolla di consegna firmata o autenticata dal destinatario fuori dal territorio doganale dell’Unione; la prova del pagamento; la fattura; la bolla di consegna; un documento firmato o autenticato dall’operatore economico che ha portato le merci fuori dal territorio doganale dell’Unione; eccetera.

In questa logica deve essere letta la posizione della Cassazione di cui alla sentenza sopra citata, per cui la destinazione dei beni all’esportazione non può essere provata allegando documenti di origine privata, quali le fatture o i pagamenti, in quanto la normativa doganale richiede a tal fine mezzi di prova certi ed incontrovertibili, quali le attestazioni di amministrazioni del paese di destinazione, o la vidimazione apposta dall’ufficio doganale sulla fattura, o anche le bolle d’accompagnamento, i documenti internazionali di trasporto e gli altri documenti previsti dall’amministrazione finanziaria.

Con approccio case by case necessitato e nella logica antifrode (articolo 131 della direttiva Iva), se è vero che fatture e pagamenti possono essere valutati in maniera restrittiva, per diretta derivazione del diritto Ue non può disconoscersi valore interconnesso e valido ai set documentali anche di parte privata o, meglio, promanati da più parti private, come può essere per i documenti trasporto o di carico, di ingresso in magazzino, le Awb, le polizze di carico o i tracking di corrieri e spedizionieri che attestano fatti rilevanti ai fini della non imponibilità Iva di una cessione.