Professione

I notai: non svilire il nostro lavoro ma valorizzare le competenza

Presenti 1.700 professionisti alla prima giornata della kermesse romana; riflettori puntati sull’equo compenso e sul ruolo pubblico della categoria

È il congresso del «Capolavoro italiano: casa cultura, persona», ma la 56ma assise del Notariato si apre soprattutto nel segno dell’«orgoglio». Quello che il presidente Giulio Biino in chiusura del suo intervento – interrotto dagli applausi di 1.700 delegati arrivati a Roma – sillaba in un crescendo di entusiasmo collettivo consegnandolo al nuovo governo «insieme al nostro entusiasmo e alla nostra competenza chiedendogli, a sua volta, di “affidarsi” al Notariato».

Ad ascoltare Biino c’è infatti una significativa rappresentanza del nuovo esecutivo, dal viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, al sottosegretario del Mef Federico Freni, cui si aggiunge il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. E sarà anche l’entusiasmo del primo congresso post pandemico in presenza, ma nella sala echeggia una notevole corrispondenza di sensi.

A cominciare proprio da Freni, il primo in ordine cronologico a prendere la parola dopo i saluti iniziali (tra cui la vicepresidente del Senato, Anna Rossomando, seguita al messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella) che entra subito in sintonia con la sala andando a segno diretto: «Un governo politico ha il dovere di fare scelte e accettare sfide, ma se i notai hanno una funzione pubblica, come hanno, non possiamo non considerarlo». E allora «pur non essendo, da avvocato, vedovo inconsolabile delle tariffe, apprezzo la concorrenza, ma non la si può certo applicare ai notai per il ruolo che svolgono, evitiamo una sciocca liberalizzazione» (applausi), e ancora l’antiriciclaggio è un fiore all’occhiello e i notai ne sono noti portatori «a costo zero».

Atmosfera che torna a surriscaldarsi quando il viceministro vigilante (sulla professione) Sisto parte con un «grande plauso» ai notai, continua aborrendo «l’agonismo tra professioni che è un errore clamoroso», ricorda che fu il primo a bocciare il recente progetto di legge che avrebbe voluto attribuire agli avvocati la redazione di atti pubblici «una proposta non costituzionale», e infine invita tutti a «non tracimare dai propri compiti e competenze». In un paese a cui servono legalità e uniformità, i notai sono quelli giusti al posto giusto, con la chiosa infine da applausometro sulla «riforma dell’equo compenso che mi auguro sarà tra i primi impegni del Governo».

E nel solco del suo lavoro – anche Sisto è avvocato – il viceministro in perfetta linea con il nuovo esecutivo rimarca la gerarchia saltata delle fonti in cui «se la giurisprudenza diventa fonte di diritto, gli equilibri iniziano a traballare. La giurisprudenza interpreta ma non “fa” le norme di diritto». Anche perché al Paese e agli investitori serve la certezza di sapere quello che si può fare in Italia «invece spesso non sai che cosa fare per essere nel giusto e questo non va bene». Di certezza traslata nel campo dell’arte ha parlato, in prospettiva, anche il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano nel suo saluto alla platea.

Nel mezzo del dibattito sul «da farsi» dalle parti di Palazzo Chigi, il presidente Biino riparte pragmaticamente dal motto kennediano nei rapporti tra Stato e Notariato, ricordando quello che il secondo può fare e già fa per il primo: tra l’altro esazione tributaria (gratis), antiriciclaggio, deflazione del carico giudiziario (volontaria giurisdizione).

Quindi, il messaggio conclusivo, «lo Stato non ci mortifichi né svilisca il nostro lavoro, ma accetti piuttosto il nostro entusiasmo e la nostra competenza». Applausi e ancora applausi.

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