Controlli e liti

Comuni, nella delega autonomia di entrata e tregue fiscali locali

<span class="argomento"/>Fra le novità anche l’estensione agli enti territoriali di incentivi al pagamento spontaneo come l’accertamento con adesione

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Il nuovo capitolo della delega fiscale dedicato alle entrate di regioni ed enti locali punta ad allargare al massimo gli spazi di autonomia nelle mani delle amministrazioni territoriali. L’idea, riprendendo le fila del discorso federalismo fiscale, bruscamente interrotto nel 2011 e ora rientrato anche negli obiettivi del Pnrr, è ambiziosa; e vuole superare il sistema attuale della finanza derivata, che affida larga parte delle sorti dei conti degli enti locali ai trasferimenti dallo Stato, attraverso un sistema do tributi propri e di compartecipazioni al gettito delle imposte nazionali. Non solo: l’autonomia locale si estende anche alle scelte politiche sulla gestione del fisco, a partire dalla possibilità per i sindaci e i governatori di prevedere «direttamente» tipologie «di definizione agevolata, anche sotto forma di adesione a quelle introdotte per le entrate erariali, in materia di entrate di spettanza degli enti locali».

In pratica, il testo anticipato su Il Sole 24 Ore di ieri che potrebbe cercare l’intesa nella conferenza unificata di mercoledì prossimo, non si limita a prevedere la possibilità per sindaci e presidenti di aderire a rottamazioni e saldi e stralci decisi a livello nazionali, ma permette agli enti territoriali di decidere autonomamente forme di definizione agevolata per le proprie entrate, anche quando il legislatore nazionale non le prevede.

L’equiparazione delle leve fiscali locali a i meccanismi nazionali non si limita alle varie forme di tregua fiscale. Secondo le previsioni della bozza in via di definizione tra governo e amministratori, infatti, anche nell’orizzonte del fisco di regioni e comuni dovrebbe entrare una processo di semplificazione degli adempimenti tributari dei contribuenti, con un maggiore ricorso a forme di compensazione di accordi tramite strumenti come l’accertamento con adesione che favoriscano l’adempimento spontaneo. Lo scopo è chiaro: aumentare il gettito di una riscossione che, soprattutto sul piano degli strumenti coattivi zoppica vistosamente, e spingere un maggior e numero di contribuenti alla cassa incentivandoli anche con meccanismi di sconto su interessi e sanzioni.

Il quadro si completa poi con l’attribuzione anche alle regioni dell’accertamento esecutivo che dopo l’esordio del fisco erariale era già stato esteso ai comuni negli anni scorsi.

La filosofia di fondo è quella del federalismo fiscale. Regioni e d enti locali nel nuovo quadro dovrebbero poter contare esclusivamente su entrate fiscali proprie o compartecipate e avrebbero la piena responsabilità, anche politica, nella gestione degli incassi fiscali.

Per il resto la bozza declina in chiave locale le principali parole d’ordine della “riforma Leo” presentata dal governo per il fisco erariale. Tra questi c’è la semplificazione delle procedure, l’accesso all’interoperabilità delle banche dati , la revisione del sistema sanzionatorio, «con particolare riguardo al miglioramento della proporzionalità delle sanzioni tributarie». Non manca poi l’idea di cancellare anche su questo terreno le cosiddette microtasse, cioè i prelievi nei quali i costi di gestione rischiano di pesare più degli incassi ultraleggeri. Per i comuni questo tipo di riordino si eserciterà in particolare sul terreno delle microimposte patrimoniali, nelle voci sopravvissute all’ultima riforma sfociata nel nuovo canone unico.

Il testo, si diceva, è ancora in fase di limatura ma dopo gli ultimi con fronti con le regioni, l’intesa potrebbe essere vicina. Se ne riparlerà in conferenza unificata mercoledì prossimo, cioè alla vigilia del termine per la presentazione degli emendamenti in commissione Finanze alla Camera che non a caso è stato fissato a giovedì 25 maggio.

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