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Onere della prova a carico del Fisco anche sui costi d’impresa

Prime applicazioni giurisprudenziali per la disposizione introdotta dalla legge 130/2022 di riforma del processo tributario

di Dario Deotto e Lorenzo Romano

La nuova disposizione sull’onere della prova introdotta dalla legge 130/2022 di riforma del processo tributario consente di stabilire, senza ombra di dubbio, che l’onere probatorio sui costi d’impresa non può che incombere sull’Amministrazione finanziaria.
In questi termini si è pronunciata la Corte di giustizia tributaria di Siracusa, con sentenza 3856/5/2022, deposita il 23 novembre scorso.

La Corte siracusana rileva innanzitutto che la nuova norma sull’onere probatorio (articolo 7, comma 5-bis, del Dlgs 546/1992) è stata inserita nell’ordinamento tributario «per dirimere le questioni in ordine al riparto dell’onere della prova, superando così la portata dell’articolo 2697 del Codice civile e con esso la trasposizione, talora impropria, nel processo tributario di dinamiche essenzialmente privatistiche».

Con specifico riferimento alla deduzione dei costi d’impresa, la Corte di giustizia di Siracusa rileva il costante orientamento della Cassazione, secondo cui nella determinazione del reddito d’impresa l’onere di provare la sussistenza delle componenti del reddito e dei requisiti di certezza e determinabilità delle stesse «incombe sull’Amministrazione finanziaria per quelle positive e sul contribuente per quelle negative». Il tutto avendo, fino a qui, come riferimento l’articolo 2697 del codice civile, assimilando così la deduzione di un costo come fatto costitutivo del diritto alla sua deduzione, ovvero come fatto impeditivo, modificativo o estintivo della pretesa erariale, sempre nell’ottica dell’articolo 2697 del Codice civile.

Però viene rilevato che «tale orientamento è fondato su di un presupposto errato perché non tiene conto del fatto sostanziale che la determinazione del reddito d’impresa è un valore netto, dato dalla contrapposizione di componenti positivi e negativi».

Infatti, il reddito d’impresa non è composto solo dai componenti positivi, e la deduzione di un componente negativo di reddito non è una norma di favore, così da renderla assimilabile a un diritto attribuito al contribuente, come più volte si è avuto modo di riportare su «Il Sole 24 Ore». In maniera perentoria si afferma: «la deduzione di un costo rappresenta invece un passaggio necessario ai fini della rappresentazione unitaria dell’imponibile».

In questo modo la Corte di giustizia di primo grado ritiene che l’orientamento della Cassazione, anche prima della modifica introdotta dal nuovo comma 5-bis, articolo 7, del Dlgs 546/1992, in ogni caso non era condivisibile, tanto da apostrofare tale orientamento come «strabico ed illogico».

Ad ogni modo, il chiaro distacco dalla normativa civilistica che si è avuto con la nuova norma sull’onere della prova introdotta dalla legge 130/2022 consente senza ombra di dubbio – secondo i giudici siracusani - di superare questi equivoci, stabilendo che anche per i componenti negativi di reddito l’onere probatorio non può che incombere sull’Amministrazione finanziaria.

Inoltre, sempre la Corte siracusana fa riferimento alla piena osmosi tra prova procedimentale e prova processuale.

Occorre dire che in molteplici passaggi la pronuncia recepisce completamente quanto riportato sulle pagine de «Il Sole 24 Ore».

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