Imposte

Risposta a interpello presupposto per il rimborso dell’Iva

Il regime di esenzione accertato da una risposta a interpello costituisce presupposto per il rimborso dell’Iva erroneamente fatturata

di Anna Abagnale e Benedetto Santacroce

Il regime di esenzione accertato da una risposta a interpello costituisce presupposto per il rimborso dell’Iva erroneamente fatturata.

La risposta a interpello 592/2022 chiude una serie di quesiti sul trattamento fiscale di un’operazione dai profili incerti. Senza entrare nei particolari del caso concreto, rileva ai nostri fini il fatto che nel 2021 veniva presentato un primo interpello alle Entrate affinché definissero il trattamento Iva del servizio prestato. Poiché l’Agenzia negava il carattere di accessorietà del servizio in questione rispetto all’operazione principale (esente ex articolo 10, comma 1, n. 4, del Dpr 633/72, in quanto cessione di partecipazione), la società fatturava l’operazione con Iva.Nel 2022 veniva presentata una seconda istanza di interpello, in quanto la stessa società nutriva dei dubbi dovuti al fatto che l’operazione fosse esente Iva, per altro motivo, ovvero in quanto «attività di intermediazione nella vendita di azioni» (articolo 10, comma 1, numeri 4 e 9, del Dpr 633/72).

Sulla base di una risposta favorevole delle Entrate, la società si interroga, ulteriormente sull’eventualità di recuperare l’imposta erroneamente applicata.

La ricostruzione dell’Agenzia, la quale prima facie potrebbe sembrare che si diriga verso un diniego, in realtà si chiude riconoscendo al contribuente il diritto al rimborso.

La società non è più nei termini per rettificare l’operazione con una nota di variazione ex articolo 26, comma 2, del Dpr 633/72 e non potrebbe, in alternativa, presentare un’istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 30-ter dello stesso decreto. L’articolo 30-ter, infatti, trova applicazione solo laddove «sussistano condizioni oggettive che non consentono di esperire il rimedio di ordine generale [i.e. l’emissione della nota di credito]». Tuttavia, l’istante non ha provveduto alla rettifica tempestiva della fattura (erroneamente emessa con Iva) non per colpevole inerzia, ma confidando del trattamento Iva delineato nella risposta ad interpello del 2021. Pertanto, alla data della seconda istanza di interpello (nel 2022), che invece riconosce all’operazione il regime di esenzione Iva, è spirato il termine per il recupero dell’imposta ex articolo 26 ma si verifica il presupposto dell’istanza di rimborso ex articolo 30-ter.

A tal fine – spiegano le Entrate – è comunque necessario, che l’istante dia prova di aver provveduto a rimborsare in rivalsa il committente e che non abbia provveduto previamente a detrarre tale imposta. Inoltre, l’istante dovrà provare che l’importo chiesto a rimborso sia al netto di quanto erroneamente detratto nel 2021 per effetto del pro-rata di detraibilità (calcolato includendo la suddetta operazione tra quelle soggette ad Iva).

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