Professione

L’obbligo di green pass va esteso ai clienti degli studi professionali

Confprofessioni, in audizione, sottolinea alcune alcune criticità, come l’impossibilità di conoscere la durata del certificato

di Federica Micardi

L'obbligo di green pass negli studi professionali, per come è scritto il decreto 127/2021, ha alcune criticità a cominciare dall'impossibilità di richiedere la certificazione verde anche ai clienti degli studi. Lo ha ribadito il presidente di Confprofessioni Gaetano Stella nel corso dell’audizione di martedì 5 ottobre presso la commissione Affari costituzionali del Senato.

I clienti

Per Stella, se l'obiettivo di questa norma è assicurare la sicurezza sul posto di lavoro, allora chiunque vi accede dovrebbe garantire il proprio stato di salute. Nel sottolineare che questa nuova normativa comporta delle conseguenze di carattere organizzativo e gestionale di particolare rilievo per i datori di lavoro, chiamati ad ottemperare agli obblighi contenuti nella normativa, Stella suggerisce alcune semplificazioni.

Le operazioni di verifica

Per esempio, attualmente, dato che la verifica deve avvenire secondo le regole del Dpcm del 17 giugno 2021, non è consentita la raccolta di dati e il datore-controllore non può sapere se il green pass si possiede a seguito della vaccinazione o del tampone; e in caso di green pass post vaccino non si può conoscere la sua durata. Per Stella, se in fase di conversione del decreto si consentisse di conoscere almeno la data di scadenza del green pass ciò consentirebbe di scegliere la più snella modalità di verifica a campione, consentita dalla norma.

Altro punto su cui intervenire riguarda l'invio al Prefetto degli atti relativi alle violazioni riscontrate, il Dl 127 affida questo compito anche a un dipendente della struttura mentre, secondo Stella, tale adempimento dovrebbe ricadere solo sul datore di lavoro così da evitare che si verifichino criticità nelle relazioni all'interno del luogo di lavoro.

I lavoratori

Secondo Confprofessioni andrebbe semplificato anche il passaggio relativo all'assenza ingiustificata del lavoratore privo della certificazione. «La previsione dell'assenza ingiustificata a causa del mancato possesso del green pass, in luogo della sospensione – sottolinea Stella - potrebbe comportare il rischio che il lavoratore debba presentarsi tutti i giorni sul luogo di lavoro e che il datore di lavoro debba effettuare il controllo quotidianamente disponendone l'allontanament».

Il protocollo anti-contagio

Stella chiede infine, che in sede di conversione del decreto, si preveda l'aggiornamento “Protocollo anticontagio” sottoscritto dalle parti sociali su impulso del Ministero del Lavoro, così da realizzare un corpus unico con le indicazioni operative sulle procedure da utilizzare in azienda.

Il caso degli psicologi

In merito all’obbligo di green pass gli psicologi, in quanto professione sanitaria, sono soggetti a regole più stringenti e, se privi del certificato, vengono sospesi dalle Asl. Una sospensione che inizialmente riguardava le sole attività in presenza. Alcuni Ordini territoriali avevano, quindi, chiesto al Garante (si veda il Sole 24 Ore del 20 settembre) se potevano pubblicare i nominativi dei “sospesi”, il Garante aveva risposto che si sarebbe confrontato, sulla questione, con i ministeri. Ad oggi una risposta non è arrivata. Nel frattempo, però, il 22 settembre ministero della Salute ha diramato una circolare nella quale stabilisce che “i non vaccinati” devono essere sospesi da tutte le attività e la loro sospensione deve essere annotata nell’Albo. A quanto risulta al Sole 24 Ore alcuni Ordini si sono attivati per la pubblicazione, altri però, prima di agire, vorrebbero conoscere anche il parere del Garante.

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