Controlli e liti

Società di comodo, prova possibile in giudizio al di là dell’interpello

Per la Ctp Reggio Emilia l’assenza dell’istanza o l’esito negativo sono sempre superabili

di Stefano Sereni

In tema di società di comodo, l’assenza dell’interpello preventivo o il suo esito negativo non genera conseguenze per il contribuente che può sempre dimostrare in sede giudiziale, senza alcuna preclusione, le ragioni per la disapplicazione della norma antielusiva. Ad affermarlo è la sentenza n. 237/1/2021 della Ctp di Reggio Emilia (presidente e relatore Montanari).
Una Srl locava un fabbricato a uso commerciale nel 2004 con contratto di sei anni rinnovabile di altri sei, che però veniva unilateralmente rescisso dal conduttore dopo solo due anni. Seguiva un contenzioso civile che si concludeva con una transazione in base alla quale il contratto si sarebbe risolto a metà 2009. L’immobile rimaneva sfitto per qualche tempo e pertanto, nel 2010, in assenza di un contratto, la contribuente non generava ricavi sufficienti per superare il test di operatività.
Veniva presentato interpello ritenuto però inammissibile dall’agenzia delle Entrate per difetto di preventività. La società versava così le imposte dovute secondo la disciplina delle società di comodo e poi presentava istanza di rimborso.
A fronte del silenzio-rifiuto, proponeva ricorso evidenziando le ragioni per la legittima disapplicazione della disciplina.
L’ufficio eccepiva il giudicato sulla vicenda: il diniego all’interpello era stato infatti impugnato in precedenza dalla società e il collegio adito dichiarava l’inammissibilità del gravame. Per tale ragione, quindi, l’Agenzia escludeva si potesse discutere nuovamente nel merito.
La Ctp emiliana ha tuttavia accolto il ricorso, ritenendolo ammissibile e fondato. I giudici hanno evidenziato che la risposta all’interpello ha natura di parere dell’amministrazione, cui non consegue alcuna cristallizzazione in caso di mancata impugnazione. Secondo la giurisprudenza di legittimità (Cassazione 4946/2021), il contribuente può sempre impugnare gli atti successivi all’applicazione di norme antielusive, esercitando pienamente il proprio diritto di difesa in sede giudiziale. Può così chiedere l’accertamento dei presupposti per la disapplicazione della normativa.
Nel caso in esame non c’era stata una risposta sulla insussistenza dei presupposti da parte dell’ufficio, che si era limitato solo a dichiarare l’inammissibilità dell’interpello. Inoltre, la nozione di «impossibilità» di conseguimento di ricavi contenuta nella disciplina delle società di comodo non va intesa in termini assoluti, ma economici, dovendosi far riferimento alle effettive condizioni di mercato (Cassazione 23384/2021).
Nella vicenda, la contribuente aveva correttamente e puntualmente dimostrato l’impossibilità di locare l’immobile per il periodo di imposta oggetto di contestazione: l’assenza di ricavi era conseguenza di eventi non prevedibili a fronte dei quali la società si era attivata per contrastarne gli effetti nel tempo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©