I temi di NT+Modulo 24

Acquisizioni societarie, l’anormalità economica fa scattare l’abuso del diritto

La sentenza 27158/2021 della Cassazione: i due contratti di vendita di azioni non si pongono in una logica di mercato

di Dario Deotto

L’anormalità economica di un’acquisizione societaria determina l’abuso del diritto.È questo, sostanzialmente, il “succo” (amaro) della sentenza 27158/21 della Cassazione.

Questi i fatti: nello stesso giorno vengono stipulati due contratti di vendita di azioni. La società A ha ceduto alla società Z il 34 per cento delle azioni della società X al prezzo di 5.317.87 euro, mentre la società B vendeva, sempre alla società Z, il 66 per cento delle azioni della stessa società X al prezzo di 4.582.813 euro. Le due società venditrici (A e B) risultavano riconducibili alla medesima compagine societaria. Il fatto è che per la società A la cessione delle azioni (effettuata ad un prezzo molto più alto) determinava una plusvalenza esente ex articolo 87 del Tuir, mentre la cessione effettuata da parte di B aveva generato ricavi imponibili in base all’articolo 85 del Tuir.

Per l’ufficio, quindi, l’unico fine perseguito dal medesimo (sostanzialmente) venditore era quello di attribuire la parte maggiore del prezzo di cessione alla vendita del 34 per cento, assoggettandola al regime di esenzione.

Nei due gradi del giudizio di merito l’Agenzia è risultata soccombente in quanto, secondo i giudici, la presenza di taluni patti parasociali giustificavano il diverso valore delle azioni cedute.

Secondo la Cassazione, invece, le operazioni risultano viziate da «un assetto di anormalità economica» che determina l’abuso del diritto (per il quale viene ricostruita tutta l’evoluzione giurisprudenziale e normativa). Secondo la Corte, le operazioni di vendita delle azioni non si pongono in una normale logica di mercato, ragione per cui si determina «un’evidente distorsione dello schema negoziale utilizzato per configurare l’ipotesi elusiva determinante quegli effetti fiscali distorsivi di cui all’avviso di accertamento».

In sostanza, si è alle solite. La Cassazione riprende a confondere ipotesi (eventuali) di evasione con l’abuso del diritto. Nel caso oggetto della pronuncia da parte dei giudici di legittimità, infatti, l’abuso del diritto non c’entra proprio nulla. Occorre rammentare che nell’elusione/abuso del diritto si è in presenza di atti perfettamente validi ed efficaci: è il solo vantaggio fiscale conseguito che risulta indebito. Nell’abuso del diritto non c’è, in sostanza, alcuna manipolazione della realtà; vi è perfetta coincidenza tra ciò che le parti dichiarano di volere e ciò che realmente vogliono: è soltanto il vantaggio fiscale conseguito che risulta indebito.

L’evasione, invece, identifica la violazione di precetti normativi, perpetrata soprattutto attraverso atti e comportamenti celati, nascosti o, comunque, volti a dissimulare l’effettiva ricchezza prodotta mediante la creazione di una realtà in apparenza divergente da quella effettiva.

Tra i fenomeni di evasione rientrano anche quelli di simulazione/dissimulazione/interposizione, nei quali vi è – evidentemente - un’asimmetria tra la situazione formale e quella reale, mentre nell’elusione, come si è riportato, non vi è alcuna divergenza tra apparenza e realtà.

In pratica, quello che si vuole dire è che nel caso di specie la questione era – eventualmente – riconducibile all’evasione. L’ufficio avrebbe potuto sostenere la dissimulazione del prezzo di vendita delle azioni anche attraverso presunzioni semplici, purché in presenza di elementi gravi, precisi e concordanti, che avrebbero dovuto, poi, formare oggetto di valutazione da parte dei giudici.

Insomma, si continua a confondere le “basi” del diritto tributario: evasione ed elusione non possono mischiarsi, posto, peraltro, che da tale distinzione derivano effetti e garanzie diversi, nient’affatto secondari.

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