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Usi e tradizioni locali, per le associazioni il bivio tra Runts ed esenzione Ires

Il Dm Economia definisce l’elenco dei soggetti ammissibili. Ma il Codice del Terzo settore prevede la disapplicazione del regime previsto dalla legge 296/2006 per gli iscritti nel Registro unico

Definito il perimetro degli enti interessati dall’esenzione Ires e agevolazioni contabili relativi all’anno d’imposta 2021 per chi mantiene vivi usi e tradizioni locali. Con il decreto dell’11 febbraio 2022, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» del 25 febbraio, il ministero dell’Economia ha stilato l’elenco degli oltre 100 enti di tutt’Italia che accederanno, per l’anno 2021, alle misure di vantaggio introdotte con la Finanziaria 2007 (articolo 1, commi 185 e successivi, della legge 296/2006).

In particolare, tale disciplina prevede per le associazioni che realizzano manifestazioni di interesse storico, artistico e culturale, legate ad usi e tradizioni locali:

• l’esenzione ai fini Ires, in virtù dell’equiparazione agli enti pubblici esenti dall’imposta sul reddito delle società (articolo 74, comma 1, Tuir);

• l’esenzione dagli obblighi rendicontali e contabili in base al Dpr 600/1973;

• la qualificazione come liberalità, ai fini Ires, delle prestazioni e dazioni offerte da persone fisiche in favore degli enti medesimi.

Si tratta, a ben vedere, di un sistema agevolativo per le associazioni che deve tuttavia coordinarsi con le nuove misure introdotte per gli enti non profit dal Codice del Terzo settore (Dlgs 117/2017 o Cts). Ciò in quanto quest’ultimo prevede espressamente la disapplicazione del regime previsto dalla legge 296/2006 per le associazioni iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts), operativo a decorrere dallo scorso 24 novembre (articolo 89, comma 16, del Cts). Tenuto conto dell’avvio del Runts e del fatto che – come si evince dall’elenco allegato al Dm – tra i beneficiari figurano anche enti del Terzo settore (Ets) o qualificati come tali, come, ad esempio organizzazioni di volontariato (Odv) e associazioni di promozione social (Aps), per molti di questi si porrà il tema se sia più conveniente entrare nel Registro unico o restarne fuori.

Nella sostanza, un’associazione di piccole dimensioni che promuove iniziative legate ad usi e tradizioni locali (si pensi, ad esempio, alla realizzazione di cortei di rievocazioni storiche, ai pali e alle attività di contrade) e che sia priva o quasi di profili di commercialità, potrà valutare l’accesso nel Runts come Odv o Aps. La cultura rientra infatti espressamente tra i settori di attività di interesse generale degli Ets, sia come attività culturale di interesse sociale che attività turistica di interesse culturale (articolo 5, comma 1, lettere i e k del Dlgs 117/2017 o Cts).

Come Ets, l’ente potrà poi assegnare benefici fiscali ai soggetti che effettuano donazioni nei suoi confronti, accedere al 5 per mille e ai regimi forfettari di tassazione ai fini Ires per enti associativi con entrate commerciali fino a 130mila euro (articoli 84-85 Cts), oltreché a un meccanismo di trasparenza e legittimazione giuridica e semplificazioni sotto il profilo gestionale. Non vi è l’obbligo, ad esempio, di tenere scritture contabili, di operare ritenute con richiesta di una mera rendicontazione per cassa entro determinate soglie quantitative (articolo 86, Cts).

Le associazioni fuori dal Runts

Discorso diverso, invece, per le associazioni che restano fuori dal Runts. A queste ultime non si estende la disapplicazione del Cts. In altri termini, tali enti potranno dunque continuare a fruire delle agevolazioni previste dalla legge 296/2006 secondo le modalità delineate dall’agenzia delle Entrate. A livello operativo, per l’anno 2022, occorrerà presentare apposita istanza – a partire dal 20 luglio ed entro il 20 settembre – secondo la modulistica disponibile sul sito dell’Agenzia.

In conclusione, tenuto conto di quanto sopra riportato, per le associazioni di piccole dimensioni non sussistono grandi vantaggi fuori dal Runts oltreché mantenere il regime previsto dalla legge 296/2006. Specie considerando tutte le novità (fiscali e non) previste dalla riforma legate alla qualifica di Ets.

Considerazioni opposte, invece, per gli enti che svolgono attività prevalentemente in forma commerciale con entrate ben superiori a 130mila euro e margini di utili piuttosto elevati.

Anche in questo caso, tuttavia, l’accesso o meno nel Terzo settore dovrà valutarsi avendo riguardo al modello organizzativo dell’ente e alle modalità di svolgimento delle attività da parte dello stesso. Ciò anche in considerazione del fatto che nel Terzo settore un sistema premiale per gli enti non profit che svolgono attività secondo schemi imprenditoriali potrà raggiungersi attraverso le misure fiscali previste per l’impresa sociale (si veda l’articolo 18 del Dlgs 112/2017). In tal caso si potrà accedere al regime di non imponibilità degli utili reinvestiti nell’attività di interesse generale.