Controlli e liti

Verifiche fiscali, senza dissenso specifico perquisizioni legittime

Le Sezioni unite: possibile l’apertura senza autorizzazione di borse, casseforti e mobili

di Antonio Iorio

L’assenza di uno specifico dissenso del contribuente nel corso della verifica fiscale all’apertura di borse, armadi, casseforti e mobili legittima i verificatori alla loro apertura senza alcuna autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Non è poi necessario il preventivo avvertimento al contribuente della possibilità di opporsi e della conseguente necessità dell’autorizzazione. A fornire questi principi sono le Sezioni Unite con la sentenza 3182/2022.

La vicenda a base dell’ordinanza di rimessione (si veda l’articolo) riguardava un accesso fiscale presso un’azienda in cui i finanzieri aprivano una valigetta dell’amministratore rinvenendo documentazione extracontabile. La società rappresentava, tra l’altro, che non era stata chiesta alcuna autorizzazione all’autorità giudiziaria, ritenuta necessaria a prescindere dalla collaborazione del contribuente.

Inoltre, il contribuente non era stato informato della possibilità di opporsi.

All’alto consesso era richiesto, in estrema sintesi, di chiarire se la mancanza di autorizzazione dell’autoritàe giudiziaria potesse essere superata dal consenso prestato dal titolare del diritto e, in caso positivo, se tale consenso potesse considerarsi libero ed informato in assenza di comunicazioni all’interessato della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa tributaria.

Le Sezioni Unite hanno ritenuto in buona sostanza:

necessaria l’autorizzazione del Procuratore all’apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti e mobili in genere, solo nel caso di “apertura coattiva”, e non anche in presenza del consenso del contribuente

non necessaria l’informazione al contribuente sulla sussistenza di una previsione di legge che, in caso di opposizione, consente l’apertura coattiva previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria, non rinvenendosi un obbligo in tal senso nella normativa

Le Sezioni unite precisano peraltro che il consenso è mancante in caso di apertura operata dal contribuente sotto minaccia, o determinata da coazioni implicite e ambientali, indotte cioè dalle modalità, utilizzate dai verificatori per la richiesta di apertura. In questo caso spetta al giudice di merito accertare la sussistenza o meno di uno spontaneo e non coartato consenso all’apertura, con le ovvie conseguenze che ne derivano.

In altre parole, il contribuente dovrebbe dimostrare che il suo consenso sia stato ottenuto attraverso “pressioni” dei verificatori. Per quanto condivisibile in linea di diritto, è evidente che tale situazione in pratica è del tutto irrealizzabile.

Occorrerebbe infatti comprendere come il contribuente, al cospetto della differente versione dei verificatori (pubblici ufficiali) e di un Pvc (facente fede fino a querela di falso) possa provare di essere stato “spinto” ad autorizzare l’apertura della borsa, del mobile o della cassaforte.

Si ritiene che anche per tale evidente ragione era stata rimessa la questione alle Sezioni unite nell’ottica che un consenso “non espresso” potesse equivalere ad un’apertura coattiva (e quindi abbisognevole dell’autorizzazione) stante l’implicita coazione “ambientale”.

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