Professione

Commercialisti, cassa dottori punta sugli investimenti delle imprese

di Federica Micardi e Giovanni Parente

Le risorse investite nello sviluppo economico del Paese sono già l’8% del totale del patrimonio risultante dal bilancio appena approvato (7,6 miliardi): una cifra corrispondente a circa 600 milioni di euro, che arriva all’economia reale o alle infrastrutture. Un importo a cui poi si aggiungono altri 400 milioni (per arrivare così a un totale di un miliardo) investiti nell’ambito prettamente immobiliare. Ma Cassa dottori commercialisti (Cnpadc) punta a fare ancora di più. «Puntare sull’economia reale del Paese non può che far bene ai nostri iscritti dato che i maggiori clienti dei dottori commercialisti sono le aziende. L’obiettivo è arrivare a 900 milioni investiti nell’attività d’impresa entro il 2020, naturalmente se ci saranno le condizioni per poterlo fare». Ad annunciarlo è Walter Anedda, presidente di Cnpadc, a margine del «Forum InPrevidenza» organizzato ieri a Roma. Un’occasione di confronto tra l’ente di previdenza e i rappresentanti del mondo politico-economico.

A segnalare sia la positività dei dati di bilancio della Cassa (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) sia della volontà di investimento nell’economia reale è stato il ministro del lavoro, Giuliano Poletti che ha riconosciuto comunque la difficoltà del lavoro perché le Casse di previdenza private hanno il difficile compito di « garantire l’equilibrio tra presente e futuro, tra investimenti e rischio, tra interessi degli iscritti e collettivi che non sempre coincidono». Tra questi ultimi c’è anche il tema della tassazione, con il doppio prelievo su rendimenti e pensioni. Aspetto sollevato anche dal presidente Adepp, Alberto Oliveti, che ne evidenzia l’effetto frenante sulla competitività. Ma, come ha riconosciuto il ministro, «per eliminare la doppia tassazione è necessario trovare adeguate coperture».

Intanto, da Matteo Zanetti, presidente del gruppo tecnico Credito e finanza di Confindustria, è arrivato l’auspicio che il il mondo delle Casse di previdenza e dei Fondi pensione « investa di più nell’economia domestica». E nel rivolgersi ai rappresentanti politici presenti ha chiesto di «non smontare quanto di buono è stato fatto finora, sia per incentivare lo sviluppo delle imprese, sia per l’incremento dell’occupazione» con un riferimento specifico al Jobs act e agli incentivi fiscali e per l’occupazione.

Dal canto suo, la politica ha raccolto l’assist sia dei professionisti che delle imprese. Massimo Garavaglia, deputato della Lega Nord, ha insistito sulla necessità di semplificare regole e procedure: «Il problema è di impieghi e non di raccolta fondi. Servono regole più semplici per fare arrivare le risorse alle piccole imprese». Ossia alla tipologia di attività produttiva dimensionalmente più diffusa. Un problema rimarcato anche da Stefano Buffagni del Movimento 5 Stelle, che in campagna elettorale si è impegnato a cancellare 400 norme che condizionano negativamente l’attività d’impresa. E Buffagni ha aperto anche a un ripensamento del ruolo di Cassa depositi e prestiti (Cdp) «in un’otticadi collaborazionecon le Casse privateper perseguireuna visione di sistema». A suo avviso, infatti, « Casse ben gestite possono fare da player dello sviluppo ma occorre che tutti mettano l’interesse del Paese al primo posto». Da Nino Tronchetti Provera di Ambienta Sgr è arrivato l’appello a creare un habitat legislativo che incentivi gli investimenti privati piuttosto che creare fondi pubblici. Anche perché nel resto d’Europa il private equity, soprattutto attraverso fondi pensione e assicurazioni, già adesso fornisce risorse elevate alle economie domestiche. In Italia, invece, c’è un gap di tassazione che rende meno appetibili gli impieghi del capitale in attività produttive.

E proprio sulla mancanza di visione strategica si sono concentrati anche i professionisti. Walter Anedda ha fatto l’esempio della detassazione prevista dalla legge di Bilancio 2017 per le Casse che investivano fino al 5% del patrimonio in Italia. Senza considerare che le Casse di previdenza più strutturate già avevano superato tale quota. Un precedente che spinge il presidente di Cnpadc a rimarcare che «qualora la politica intenda intervenire a incentivare ulteriormente gli investimenti delle Casse dovrebbe prima confrontarsi con i diretti interessati». Anche perché sul fronte degli enti previdenziali dei professionisti si ritengono inderogabili alcuni principi: l’autonomia, la volontarietà e una governance indipendente. «Su un maggior coinvolgimento con Cassa depositi e prestiti - fa notare Anedda - c’è già stato un precedente e tutti ricordano la vicenda del fondo Atlante». E per il futuro la richiesta è che non arrivino imposizioni dall’alto.

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