Professione

Liti fiscali, l’abuso delle udienze da remoto mina il diritto di difesa del contribuente

A partire dal 1° maggio 2022 è ritornata applicabile la disciplina ordinaria ma alcune sezioni delle Corti di giustizia tributaria continuano lo scambio di memorie scritte o la convocazione da remoto

di Gianluigi Bizioli

Nonostante l’emergenza Covid19 sia da tempo terminata, alcune sezioni delle Corti di giustizia tributaria – per usare la loro nuova denominazione – continuano (per comodità?) a fissare l’udienza attraverso lo scambio di memorie scritte o a convocare la stessa da remoto. Questo comportamento non solo viola le regole vigenti, ma è altresì in conflitto con il fondamentale diritto di difesa, costituzionalmente garantito anche per il processo tributario.

Cerchiamo, prima, di tratteggiare la legislazione attualmente vigente e, quindi, di trarre alcune conclusioni di sistema.

Il termine ultimo del periodo emergenziale per il processo tributario, che prevedeva la trattazione sulla base degli atti per mezzo delle scambio di memorie scritte o da remoto, in alternativa alla presenza fisica, risale al 30 aprile 2022, sulla base dell’articolo 27 del Dl 137 del 28 ottobre 2020, come da ultimo prorogato dall’articolo 16, comma 3, del Dl 228/2021, il cosiddetto Milleproroghe.

Poiché tale termine non è stato oggetto di ulteriori proroghe, le disposizioni emergenziali disciplinanti le modalità di svolgimento dell’attività processuale in materia tributaria, e non solo, non risultano più essere vigore e, pertanto, a partire dal 1° maggio 2022 è ritornata applicabile la disciplina ordinaria della trattazione della causa, ossia quella prevista dagli articoli 33 e 34 del Dlgs n. 546 del 31 dicembre 1992, che dispone, come regola generale, la trattazione in camera di consiglio e la pubblica udienza su richiesta delle parti processuali.

Tale disciplina è stata ulteriormente integrata dall’articolo 16, comma 4, del Dl 119/2018 sulle «Disposizioni in materia fiscale e finanziaria», così come modificato dall’articolo 135 del Dl 34/2020, il cosiddetto decreto Rilancio, il quale prevede che «la partecipazione da remoto all’udienza di cui all’articolo 34 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, può essere richiesta dalle parti processuali nel ricorso o nel primo atto difensivo ovvero con apposita istanza da depositare in segreteria e notificata alle parti costituite prima della comunicazione dell’avviso di cui all’articolo 31, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546».

Quindi, la trattazione dell’udienza del processo tributario segue le regole ordinarie contenute nel Dlgs 546 del 1992, salvo che la parte chieda la partecipazione da remoto (che sarà concessa solo alla stessa).

Da ultimo, le recenti modifiche introdotte con la trasformazione della giurisdizione tributaria in magistratura professionale equiparano la trattazione dell’udienza con collegamento da remoto all’aula di udienza. Tuttavia, tale disciplina troverà applicazione (con l’articolo 4, comma 4-bis, legge n. 130 del 31 agosto 2022) ai soli giudizi instaurati con ricorso notificato a partire dal 1° settembre 2023.

Questa è la disciplina in vigore, che non ammette dubbi e/o deroghe. In termini di sistema, occorre pertanto evidenziare:

l’oralità, intesa come contraddittorio pubblico fra le parti, è elemento fondamentale dell’equo processo, come previsto dall’articolo 47, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e in questo senso l’udienza “pubblica” costituisce un valore fondante del diritto di difesa delle parti;

tale valore permea anche l’articolo 111 della Costituzione, ove si prevede la celebrazione della controversia in contraddittorio fra le parti, che può essere pienamente assicurato solo attraverso l’udienza pubblica;

deve essere bollato come «mitologia giuridica», citando le parole del compianto Paolo Grossi, la qualificazione del processo tributario come processo documentale. Un conto è limitare gli strumenti probatori del processo tributario alle sole prove documentali, altro è affermare che l’udienza debba essere esclusivamente cartolare, senza contraddittorio orale fra le parti. La ricostruzione del fatto e l’esame delle prove richiedono necessariamente il contraddittorio fra le parti per far emergere la verità giuridica. A ciò si aggiunga che la legge n. 130 del 2022 ha sfatato questo falso mito inserendo la prova testimoniale, sebbene raccolta per via cartolare, fra gli strumenti del processo tributario.

In conclusione, sembra emergere una convergenza fra la disciplina normativa e quella “costituzionale”, le quali riconoscono la centralità del contraddittorio pubblico - in presenza o, almeno, da remoto - anche per il processo tributario.

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