Diritto

Consulta: assegno per il nucleo familiare anche ai cittadini extracomunitari

È quanto si legge nella sentenza 67/2022 con cui la Corte ha affermato che il primato del diritto dell'Unione costituisce «l'architrave su cui poggia la comunità di corti nazionali»

I cittadini non europei, soggiornanti di lungo periodo e con permesso unico di lavoro, non possono essere trattati in modo diverso dai cittadini italiani nell'accedere al beneficio dell'assegno per il nucleo familiare (ANF), anche se alcuni componenti della famiglia risiedono temporaneamente nel paese di origine. La parità di trattamento fra i destinatari di questa provvidenza – che ha natura sia previdenziale sia di sostegno a situazioni di bisogno – è garantita dai giudici, tenuti ad applicare il diritto europeo.

È quanto si legge nella sentenza n. 67 depositata l’11 marzo (redattrice la Vicepresidente Silvana Sciarra) con cui la Corte costituzionale, nel dichiarare inammissibili le questioni sollevate dalla Corte di cassazione, ha affermato che il principio del primato del diritto dell'Unione costituisce ‘‘l'architrave su cui poggia la comunità di corti nazionali, tenute insieme da convergenti diritti e obblighi''.

Quel principio, valorizzato nei suoi ‘‘effetti propulsivi nei confronti dell'ordinamento interno'', non è alternativo – si legge nella sentenza – al sindacato accentrato di costituzionalità configurato dall'articolo 134 della Costituzione ‘‘ ma con esso confluisce nella costruzione di tutele sempre più integrate''.

In risposta a due rinvii pregiudiziali promossi dalla Cassazione, la Corte di giustizia dell'Unione Europea aveva ritenuto non compatibile la disciplina italiana relativa all'ANF con due direttive europee (2003/109 sui soggiornanti di lungo periodo e 2011/98 sul rilascio di permesso unico di lavoro).

Se è vero che sono i familiari e beneficiare dell'ANF – si precisa nelle pronunce della Corte di Lussemburgo – è altrettanto vero che l'assegno è versato al lavoratore o pensionato, componente a sua volta del nucleo familiare.

L'obbligo di non differenziare il trattamento dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti è imposto dalle direttive in modo chiaro, preciso e incondizionato, come tale dotato di effetto diretto.

Nella sentenza depositata oggi, la Corte costituzionale ha osservato che la procedura pregiudiziale, oltre a rappresentare un canale di raccordo fra i giudici nazionali e la Corte di Lussemburgo per risolvere eventuali incertezze interpretative, concorre ad assicurare e rafforzare il primato del diritto dell'Unione, alla cui attuazione i giudici comuni partecipano secondo il meccanismo del controllo diffuso, «disapplicando all'occorrenza» qualsiasi disposizione del diritto nazionale contrastante con il diritto dell'Unione. È questo l'effetto utile dell'art. 267 TFUE.

La competenza esclusiva della Corte di giustizia nell'interpretazione e applicazione dei Trattati - che la Corte costituzionale ha riconosciuto, anche recentemente, in sede di rinvio pregiudiziale - ‘‘comporta, in virtù del principio di effettività delle tutele, che le decisioni adottate sono vincolanti, innanzi tutto nei confronti del giudice che ha disposto il rinvio''.

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