Controlli e liti

Il riporto del credito Iva non posticipa i termini di accertamento

di Giuseppe Rebecca


L’amministrazione finanziaria ha sempre cercato di far passare tesi a sé favorevoli, circa la decadenza dei termini per l’accertamento, in determinate circostanze. Ci riferiamo a ben quattro casi, l’ultimo dei quali oggetto di una recente sentenza della Cassazione ( 3098/2019 depositata il 1° febbraio ).

Questi i diversi ambiti nei quali l’amministrazione finanziaria aveva cercato di dilatare i tempi per gli accertamenti, a suo beneficio.
•Utilizzo delle perdite fiscali: accertabili nell’anno di formazione, e non invece nell’anno di utilizzo, come intendeva l’amministrazione finanziaria (in questo senso Ctr Veneto12 giugno 2007 n. 18/6/07, Ctr Piemonte 14 novembre 2014 n. 1332/31/14).
•Utilizzo detrazioni di imposta: l’eventuale controllo deve riguardare l’anno in cui sono state sostenute le spese, non l’anno di utilizzo delle stesse (Ctr Lombardia, 16 aprile 2015 2597/49/15).
•Utilizzo quote di ammortamento: l’eventuale controllo deve riguardare l’anno in cui il bene è entrato in funzione, non l’anno di utilizzo delle quote (Cassazione 24 aprile 2018 n. 9993).
•Il riporto di un credito di imposta Iva non può posticipare i termini di accertamento (Cassazione, 3098 del 1° febbraio 2019).

Relativamente a quest’ultima fattispecie, la Cassazione ha respinto la tesi dell’amministrazione finanziaria che sosteneva l’accertabilità del credito Iva riportato a nuovo nell’anno in cui veniva chiesto il rimborso, non nell’anno di formazione dello stesso.

Appare infatti irrilevante il riporto del credito negli anni successivi, «trattandosi di ripresa di un credito fiscale, la posizione dell’amministrazione finanziaria non risulta diversa da quella che consegue a qualunque avviso di accertamento con il quale l’ufficio fa valere una pretesa nei confronti del contribuente».

Quindi, la decadenza dei termini per eventuale accertamento decorre dal momento iniziale in cui è sorto il diritto, e non nell’anno in cui ci siano stati degli utilizzi. E questo in tutti e quattro i casi sopra riportati.

Cassazione, sentenza 3098/2019

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