Imposte

Superbonus, i commercialisti chiedono di rivedere il decreto: penalizzante lo stop alla remissione in bonis

Il presidente del Cndcec Elbano de Nuccio scrive al ministro dell’Economia Giorgetti e al viceministro Maurizio Leo per chiedere di correggere le criticità contenute nel Dl 39/2024

di Federica Micardi

L’ultimo decreto sul Superbonus, il Dl 39/2024, contiene rilevanti criticità che andrebbero corrette. Lo scrive il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti Elbano de Nuccio in una lettera inviata al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti e al suo vice Maurizio Leo.

De Nuccio si concentra, in particolare, sull’articolo 2, che prevede il blocco per la remissione in bonis per le comunicazioni da trasmettere all’agenzia delle Entrate entro il 4 aprile per l’esercizio delle opzioni per la cessione del credito e lo sconto in fattura e l’impossibilità di sostituire le comunicazioni inviate dal 1° al 4 aprile 2024. Si tratta, secondo de Nuccio di una disposizione «eccessivamente penalizzante» per colpa della quale molti contribuenti rischiano di perdere le agevolazioni, di cui hanno pieno diritto, per errori commessi in buona fede (si pensi a un errore di un solo codice fiscale in un condominio di centinaia di persone)». L’istituto della remissione in bonis, - ricorda de Nuccio è stato introdotto, 12 anni fa, proprio per tutelare tali comportamenti in buona fede, «impedirne l’uso solo alla casistica in oggetto - scrive de Nuccio - non appare sacrificabile a esigenze informative di contabilità pubblica. E ciò è ancor più vero per le comunicazioni inviate dal 1° al 4 aprile che non potranno essere sostituite utilizzando le procedure ordinariamente previste in caso di errori o di scarti in fase di trasmissione, il che costituisce, anche per gli iscritti che rappresento, una falcidia pericolosissima considerate le condizioni incerte e frenetiche in cui ci si trova ad operare».

L’altra parte del decreto su cui il presidente dei commercialisti chiede un ripensamento è l’articolo 1, comma 5, che introduce l’ulteriore requisito del sostenimento delle spese, documentate da fattura, per lavori già effettuati per la maggior parte degli interventi con titolo edilizio presentato prima del 17 febbraio 2023 (data di entrata in vigore del Dl 11/2023) ovvero per i quali tale titolo non sia necessario. «Tale previsione porta al paradosso che anche interventi già avviati, magari già ultimati, per i quali cittadini e imprese hanno fatto legittimo affidamento sulla possibilità di optare per la cessione del credito o lo sconto in fattura - scrive de Nuccio - non potranno accedere a tali opzioni in assenza di spese sostenute (cioè pagate) e documentate da fattura alla data del 29 marzo 2024. E ulteriormente paradossale appare la situazione nella quale le fatture siano già state emesse a quest’ultima data ma non siano state ancora pagate dai beneficiari delle detrazioni».

Secondo de Nuccio è necessario salvaguardare coloro che gli interventi li hanno effettivamente iniziati o, addirittura, ultimati, e che, per effetto delle novità introdotte dal decreto, in assenza di pagamenti effettuati per fatture emesse, si vedrebbero esclusi dalla possibilità di accedere alla cessione del credito o allo sconto in fattura con conseguenze pesantissime, anche in termini di contenziosi che potrebbero sorgere con le imprese che hanno eseguito le opere.

L’auspicio dei commercialisti è che queste criticità possano trovare un’adeguata soluzione in sede di conversione del decreto legge.

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