Accertamenti a «tavolino», la Ctr Lombardia apre sull’obbligo del contraddittorio
La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la recente sentenza n.3509/2017, pubblicata il 5 settembre, torna sull'annosa questione dell'obbligatorietà del contraddittorio preventivo per gli accertamenti “a tavolino” (si veda anche questo articolo del 23 ottobre), invertendo una linea giurisprudenziale che, con le ultime sentenze di legittimità, si era schierata negativamente sul tema.
La vicenda e la decisione
Con un avviso di accertamento l'amministrazione finanziaria aveva rettificato in via induttiva la dichiarazione dei redditi di una società per una presunta cessione di immobili ad un valore superiore a quello dichiarato. La ricorrente, tra le varie motivazioni, ha sostenuto l'illegittimità dell'avviso di accertamento, in quanto notificato ben prima del termine di 60 giorni previsto dall'articolo 12, comma 7, della legge 212/2000 (Statuto del contribuente).La Commissione inizia la sua disamina ricordando il consolidato orientamento secondo cui dal mancato rispetto dei termini suesposti consegue l'illegittimità dell'atto impositivo, in mancanza di ragioni di urgenza che giustifichino la deroga alla previsione di legge. Proprio sul concetto di “urgenza” i giudici precisano che «il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell'atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l'emissione anticipata, bensì nell'effettiva assenza di detto requisito» la cui ricorrenza deve essere provata in concreto dall'Ufficio (Cassazione 18184/2013).Lo spunto più interessante della sentenza attiene alla lettura che i giudici milanesi danno alla norma, secondo la quale è da considerarsi obbligatorio il contraddittorio endoprocedimentale non solo per le verifiche “in loco” ma anche per tutti gli accertamenti “a tavolino”.A favore di una lettura estensiva dell'applicazione del contraddittorio, la Commissione ricorda come la giurisprudenza sia giunta ad affermare che il “verbale”, a cui il citato articolo 12, comma 7, fa riferimento, includa tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di controllo dell'amministrazione finanziaria. E un onere di verbalizzazione sussiste non solo in caso di accessi, ispezioni e verifiche nei locali in cui si svolge l'attività, ma anche in caso di invito rivolto al contribuente a comparire e produrre documentazione.Tale interpretazione estensiva – continuano i giudici - si ravvisa non tanto nella necessità di fornire una garanzia di tutela per il contribuente, quanto nella necessità di assicurare una corretta azione della pubblica amministrazione, la quale, grazie al contraddittorio, può valutare il proprio interesse non soltanto alla luce degli elementi raccolti, ma anche in base alle osservazioni rese dal contribuente.Perciò la Commissione arriva a concludere che «se dunque questa è la corretta ratio della norma, non può non vedersi come essa debba applicarsi anche agli accertamenti a tavolino, dovendo anche in questa sede operare i principi costituzionali di buon andamento (e correttezza) dell'azione della p.a. (art. 97 Cost.)».
Il limite della Consulta
La sentenza traccia indubbiamente un coerente assunto sull'applicazione del contraddittorio endoprocedimentale. Tuttavia, recentemente la Corte costituzionale, con ordinanza n. 187 del 13 luglio scorso, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità sull'articolo 12, comma 7 della legge 212/2000, nella parte in cui circoscrive la necessità di formazione del processo verbale di constatazione alle ipotesi in cui sia stato effettuato un accesso “esterno” da parte dei verificatori.