Controlli e liti

Accertamento «a tavolino», contraddittorio non obbligatorio per Irpeg e Irap

di Roberto Bianchi

In caso di accertamenti “a tavolino” (nella circostanza in esame il riscontro traeva origine da un controllo da verifiche bancarie senza alcun accesso presso il contribuente) non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg e Irap. A stabilirlo è l’ordinanza 9823/2017 la Cassazione.

In precedenza la Ctr della Lombardia, sezione staccata di Brescia, aveva cassato l’Agenzia delle Entrate, colpevole di aver notificato un atto impositivo antecedentemente allo spirare dei sessanta giorni dalla “chiusura delle operazioni” conseguenti all’avvio di una indagine bancaria.
A parere della Ctr l’Ufficio avrebbe violato l’articolo 12, comma 7 della Legge 212/2000 “Statuto dei diritti del contribuente”, che non sanziona con la nullità l’atto impositivo che ha violato tale precetto, ma sulla cui osservanza la Corte di Cassazione ha generato una rilevante giurisprudenza a partire dalla sentenza 13934/2011 in seguito corroborata dalla pronuncia a Sezioni Unite 18184/2013.
Tuttavia, a parere della Corte Suprema, trattandosi di un’indagine finanziaria effettuata “a tavolino”, non sussistevano le ragioni affinché il contribuente dovesse godere delle medesime tutele accordate dall’articolo 12 comma 7 della legge 212/2000 nei casi di accessi, ispezioni e verifiche.
Pare opportuno sottolineare che, in carenza di una specifica norma di legge ordinaria, nella circostanza in cui debba essere attuato un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente la Suprema Corte, attraverso l’ordinanza 527/2015, ha manifestato molteplici perplessità in merito alla reale sussistenza di un dovere massificato di contraddittorio preventivo. Ma la menzionata ordinanza giunge tuttavia a caldeggiare, quantomeno per gli accertamenti cosiddetti “a tavolino”, l’applicazione della previsione dell’articolo 12, comma 7, dello Statuto in quanto ciò che rileva è “ciò che si fa” e non “dove lo si fa”.
In merito alla circostanza che il contraddittorio preventivo non costituisca un diritto generalizzato, è certamente possibile concordare in quanto si ritiene che, qualora tale principio fosse considerato “sovraordinato”, non risulterebbero effettuabili in Italia gli accertamenti costruiti sulle presunzioni legali.
In buona sostanza si è dell’avviso che l’obbligo del contraddittorio debba sussistere - per tutti i tributi, armonizzati e non, a pena di invalidità del successivo provvedimento accertativo - anche nel caso in cui non risulti espressamente previsto dalla norma, nelle circostanze in cui l’atto di accertamento venga preceduto da un’attività istruttoria consistente nell’esercizio dei poteri dell’Ufficio finalizzati all’acquisizione di fatti rilevanti ai fini dell’imposizione (articoli 32 e 33 del Dpr 600/1973 e 51 e 52 del Dpr 633/1972).
Pertanto se dagli atti istruttori o dalla normativa non risulti possibile ricavare materia imponibile sottratta a tassazione e, di conseguenza, divenga obbligatorio esperire il contraddittorio preventivo, è da ritenere – conformemente a quanto sancito dalla giurisprudenza dell’Unione Europea - che la violazione di tale diritto origini l’invalidità del provvedimento adottato al termine del procedimento esclusivamente nell’ipotesi in cui, in mancanza di tale irregolarità, tale procedura avrebbe potuto implicare un risultato differente. Pertanto si è dell’avviso che l’assenza del contraddittorio, nelle circostanze menzionate, comporti l’invalidità dell’atto accertativo qualora il contribuente, nel corso del citato confronto, avesse potuto fare valere degli elementi che avrebbero consentito di determinare una decisione differente. Tutto ciò non sta a significare che le allegazioni nel contraddittorio avrebbero portato alla soccombenza dell’Ufficio nel giudizio di merito, ma semplicemente che sarebbero risultate meritevoli di essere prese in considerazione. E tutto questo, naturalmente, deve trovare applicazione nei confronti sia dei tributi armonizzati e sia di quelli a “matrice” nazionale.

Cassazione, sezione tributaria, ordinanza 9823 del 19 aprile 2017

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