Accertamento sintetico anche per il coltivatore diretto
All’Amministrazione finanziaria non risulta precluso, anche nei confronti del coltivatore diretto, l’impiego di forme di accertamento che conseguano alla rilevazione di indicatori di capacità patrimoniale non coniugabili con il reddito forfettario denunciato. Ai sensi dell’articolo 38 del Dpr 600/1973, infatti, l’agenzia delle Entrate dispone legittimamente della facoltà di procedere, attraverso l’uso del metodo sintetico, alla rettifica della dichiarazione dei redditi di un coltivatore diretto, riportante esclusivamente redditi agrari e dominicali determinati sulla base degli estimi catastali e derivanti dal fondo dallo stesso condotto, se da elementi estranei alla configurazione reddituale prospettata dal contribuente si possa fondatamente presumere che ulteriori redditi abbiano concorso a formare l’imponibile complessivo. In tale circostanza spetta al contribuente l’onere di provare che i redditi effettivi, frutto della propria attività agricola, sono in grado di giustificare il suo tenore di vita. A tale conclusione è giunta Cassazione con l’ordinanza 34704/2019.
Relativamente ai redditi fondiari, tenuto in debita considerazione il dettato dell’articolo 25 del Dpr 917/1986 secondo cui i menzionati redditi devono essere imputati, indipendentemente dalla loro percezione effettiva, in funzione del titolo di possesso (enfiteusi, usufrutto, piena proprietà eccetera), è necessario ricordare come una specifica deroga a tale postulato viene regolamentata dall’articolo 33 del Tuir.
Quest’ultima disposizione prevede, infatti, che, in presenza di un terreno concesso in affitto per uso agricolo, il reddito agrario concorra a formare il reddito complessivo del conduttore a far data dal momento in cui il contratto inizia ad avere efficacia.
Nel caso in cui, inoltre, il terreno risulti essere condotto in forma associata, il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun associato per la quota di relativa competenza.
Precedentemente la sentenza n. 3260/2019 della Corte di Cassazione aveva riconosciuto all’Amministrazione finanziaria la possibilità di rettificare, attraverso il metodo sintetico, il reddito dichiarato da parte di un coltivatore diretto qualora «da elementi estranei alla configurazione reddituale prospettata dal contribuente (consistente negli indici di spesa più vari), si possa fondatamente presumere che ulteriori redditi concorrano a formare l’imponibile complessivo».
Gli ulteriori redditi accertati non devono avere natura fondiaria, poiché non è possibile dare corso a un accertamento sintetico nella circostanza in cui il reddito, sebbene superiore a quello dichiarato, risulti essere di natura meramente agraria: infatti, in tale circostanza, l’unico criterio di rideterminazione dei redditi rurali è rappresentato dall’accertamento catastale, inconciliabile con le altre tipologie di accertamento.
Pertanto, nel momento in cui l’Amministrazione finanziaria fondatamente supponga la sussistenza di ulteriori redditi di natura diversa, incombe sul contribuente «a norma del comma sesto dell’articolo 38, Dpr 600/1973, l’onere di dedurre e provare che i redditi effettivi frutto della sua attività agricola sono sufficienti a giustificare il suo tenore di vita, ovvero che egli possiede altre fonti di reddito non tassabili o separatamente tassate» (Cassazione, sentenza 19557/2014).
Si verifica, quindi, un’inversione dell’onere della prova che pone a carico del contribuente accertato l’incombenza di dimostrare, alternativamente, la sussistenza di fonti reddituali legittimamente tassate e in grado di giustificare il possesso di determinati beni e servizi o l’indisponibilità dei medesimi.