Addizionale Irpef sugli elementi variabili della retribuzione solo per il settore finanziario
L’assoggettamento delle forme di retribuzione variabile degli amministratori di società ad un’addizionale Irpef del 10% non riguarda quei soggetti che svolgono la propria attività per le holding industriali; ciò in quanto il legislatore ha inteso riferirsi al solo settore finanziario, di cui le holding industriali non fanno parte, allo scopo di eliminare gli effetti distorsivi prodotti sul sistema finanziario e sull’economia mondiale dal riconoscimento di bonus e stock options collegati agli andamenti del mercato ai manager e agli amministratori di banche e istituti finanziari, evidenziati nel corso delle riunioni del G20. Questo il principio di diritto che emerge dalla sentenza pronunciata dalla Ctr Lombardia 3949/2019 , depositata il 14 ottobre 2019.
Il caso
Tornano, a breve distanza, i giudici tributari milanesi a pronunciarsi sulla corretta interpretazione dell’articolo 33, Dl 78/2010 ovvero sull’assoggettamento delle forme di retribuzione variabile degli amministratori di società ad un’addizionale Irpef del 10% al ricorrere di determinate condizioni; nella precedente occasione ( si veda Quotidiano del Fisco del 18 settembre 2019) i giudici regionali , in altra fattispecie, ricordando la ratio legis della norma in questione , ovvero limitare gli effetti economici potenzialmente distorsivi propri delle remunerazioni erogate sotto forma di retribuzioni variabili (bonus e stock option) ai manager operanti nel sistema finanziario, concludevano che il relativo presupposto per l’applicazione della suddetta addizionale si ha solo se la parte variabile della retribuzione supera del triplo la parte fissa e non già per qualsiasi ammontare di retribuzione variabile. L’interpretazione di tale norma, nel caso qui commendato, concerneva un ulteriore presupposto , di tipo soggettivo, ovvero se la stessa si applicasse anche ai dirigenti delle holding industriali; secondo la difesa della parte ricorrente ( società di capitali) essa si riferirebbe soltanto ai soggetti operanti nel settore finanziario e non alle holding industriali anche se caratterizzate da attività di assunzione di partecipazioni.
La motivazione
Giudici concordi nell’accogliere le doglianze della società prendendo, preliminarmente, in considerazione la ratio legis della norma da interpretare, desumibile sia dalla relazione illustrativa alla stessa che dalle motivazioni della Corte costituzionale ( n. 201/2014) ovvero «l’intento, coerente con il coevo atteggiamento manifestatosi a livello internazionale, di scoraggiare modalità remunerative variabili considerate pericolose per la stabilita finanziaria», disposizione introdotta per eliminare/limitare gli effetti distorsivi prodotti sul sistema finanziario e sull’economia mondiale dal riconoscimento di bonus e stock options , collegati agli andamenti del mercato, ai manager e agli amministratori di banche ed istituti finanziari, evidenziati nel corso delle riunioni del G20 .
Nel ricostruire il quadro di evoluzione normativa caratterizzante le categorie di soggetti da ricomprendere nel “settore finanziario” i giudici ambrosiani ricordano che fra gli altri soggetti rientranti in tale settore, diversi dai tipici istituti di credito, sono da considerare anche le holding di partecipazione finanziaria, gli intermediari finanziari che non operano nei confronti del pubblico, altri operatori finanziari (ad esempio le merchant bank) che non sono iscritti in nessun albo o elenco e non sono sottoposti ad alcuna forma di controllo, che redigono il bilancio in base alle ordinarie disposizioni di cui al Dlgs 127/1991.
Sulla base di tali osservazioni, secondo i giudici, la specifica disciplina circoscrive il “settore finanziario” agli “operatori finanziari”, restandone estranee le holding industriali (e le società che concedono finanziamenti esclusivamente nell’ambito del gruppo di appartenenza). La mancata tassazione delle holding industriali, conclude la Ctr, non può, quindi, essere considerata una lacuna della legge e non autorizza l’interprete ad aggiungere alle fattispecie previste casi di imponibilità non previsti.
Il mutato quadro normativo
In tale contesto giova ricordare che il dibattito circa la corretta qualificazione di intermediario finanziario o di società di partecipazione ( finanziaria o non) , è stato risolto dal legislatore con il “nuovo” articolo 12 del Dlgs 142/2018 , di recepimento della Direttiva “Atad”, con il quale , per la prima volta, è stato inserita nell’ordinamento interno ( articolo 162-bis del Tuir) una definizione esatta di «intermediario finanziario» e «di società di partecipazione» ; in particolare, con riferimento a queste ultime, la norma distingue, in base al carattere di esclusività o prevalenza, le società di partecipazione finanziaria (holding finanziarie) da quelle di partecipazione non finanziaria (holding industriali).
Il discrimen, in ossequio al dettato normativo, va valutato considerando i soli elementi patrimoniali risultanti dall’ultimo bilancio approvato :
a) si ha una holding finanziaria qualora l’ammontare complessivo delle partecipazioni in intermediari finanziari e degli altri elementi patrimoniali intercorrenti con gli stessi superi il 50% del totale dell’attivo patrimoniale;
b) si ha una holding industriale quando l’ammontare complessivo delle partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari e degli altri elementi patrimoniali intercorrenti con i medesimi superi il 50% del totale dell’attivo patrimoniale.
Commissione tributaria Lombardia, sentenza 3949 del 14 ottobre 2019