Agevolazioni Imu per Iap e coltivatori diretti pensionati ma ancora iscritti alla previdenza agricola
La sentenza 13131/2023 della Cassazione: l’iscrizione costituisce l’unica condizione richiesta per la fruizione dei benefici fiscali
Le agevolazioni Imu spettano anche agli imprenditori agricoli professionali (Iap) e ai coltivatori diretti pensionati a condizione che mantengano l’iscrizione nella previdenza agricola. È il principio affermato dalla Cassazione con la sentenza 13131/2023.
Il dibattito sulle agevolazioni
Il tema delle agevolazioni spettanti ai pensionati è stato a lungo dibattuto. Secondo alcuni Uffici, infatti, le agevolazioni previste in materia di Imu erano da considerarsi incompatibili con lo status di pensionato. Tale interpretazione trovava conferma in una sentenza della Cassazione, la n. 13745/2017, che trattava il caso di un contribuente che riteneva di non dover pagare l’Imu su un terreno edificabile per via della finzione giuridica contenuta nell’articolo 2, comma 1, lettera b) del Dlgs 504/1992, richiamata dall’articolo 13 del Dl 201/2011 vigente all’epoca dei fatti, secondo cui i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti e Iap iscritti nella previdenza agricola, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all’allevamento di animali. Con la sentenza del 2017, i giudici affermano che «la ratio della disposizione agevolativa è quella di incentivare la coltivazione della terra e di alleggerire del carico tributario quei soggetti che ritraggono dal lavoro della terra la loro esclusiva fonte di reddito».
Tale affermazione, di fatto, non è prevista da alcuna norma di legge. Infatti, le agevolazioni sono rivolte a soggetti in possesso di specifiche qualifiche agricole, appunto coltivatori diretti e Iap, per i quali, l’attribuzione della qualifica richiede che l’attività sia svolta in maniera prevalente e non necessariamente esclusivo. Inoltre, la sentenza appariva anche in contrasto con la normativa vigente all’epoca (e vigente ancora oggi), la quale non prevede che altri redditi percepiti, quali quelli di pensione, potessero compromettere il godimento dell’agevolazione né che il coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale dovessero avere la loro esclusiva fonte di reddito nel lavoro agricolo. La qualifica di coltivatore diretto la fornisce la legge n. 604/1954 secondo cui è tale la persona che dedica abitualmente la propria attività lavorativa manuale alla coltivazione della terra avvalendosi del lavoro del suo nucleo familiare. L’imprenditore agricolo professionale è colui che in possesso di competenze e conoscenze professionali dedichi almeno il cinquanta per cento del proprio lavoro e che ricavi dalla attività agricola almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale di lavoro. La norma precisa, inoltre, che «le pensioni di ogni genere sono escluse dal computo del reddito globale di lavoro».
L’efficacia retroattiva
A risolvere la questione ci ha pensato l’articolo 78-bis del Dl 104 del 2020 il quale, con efficacia retroattiva, chiarisce che la condizione di pensionato non può costituire di per sé un elemento ostativo ai fini del trattamento agevolativo per i terreni agricoli dallo stesso posseduti in quanto la permanenza del requisito dell’iscrizione alla previdenza agricola, che già presuppone una valutazione del reddito agrario rispetto ad altri redditi, secondo i criteri fissati ai fini previdenziali, costituisce l’unica condizione richiesta per la fruizione dei benefici fiscali.