Al rimborso di un credito Iva si applica la prescrizione decennale
La richiesta di rimborso di un credito Iva è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale e non al termine biennale previsto dal decreto sul contenzioso tributario. È quanto ribadito dalla sezione tributaria civile della Corte di cassazione con ordinanza del 28 aprile 2015, n. 8603 .
La vicenda giudiziaria
La vicenda giudiziaria riguarda l'impugnazione da parte di un contribuente di un diniego di rimborso di un credito Iva relativo al 2002 richiesto dal liquidatore di una società che aveva cessato l'attività nello stesso anno.
La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso con sentenza che veniva confermata in sede di appello. In particolare, i Giudici di secondo grado rilevavano che, ai fini della richiesta di rimborso, fosse sufficiente l'indicazione del credito in dichiarazione, mediante la compilazione del quadro RX, e che tale richiesta fosse soggetta al termine di prescrizione decennale.
Contro la decisione di secondo grado proponeva ricorso per cassazione l'agenzia delle Entrate, al fine di far valere, in particolare, la violazione dell'articolo 30 del decreto del presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e dell'articolo 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. In particolare, l'Agenzia riteneva che il contribuente avrebbe dovuto altresì presentare, ai fini del rimborso, il modello VR entro il termine di due anni dalla presentazione della dichiarazione. Si costituiva con controricorso il contribuente.
La normativa di riferimento
L’articolo 30 del Dpr n. 633 del 1972 prevede che «se dalla dichiarazione annuale risulta che l'ammontare detraibile (… ) aumentato delle somme versate mensilmente, è superiore a quello dell'imposta relativa alle operazioni imponibili (… ) il contribuente ha diritto di computare l'importo dell'eccedenza in detrazione nell'anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività” (comma 1) e che «il contribuente può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell'eccedenza detraibile (… ) all'atto della presentazione della dichiarazione: (… )b) quando effettua operazioni non imponibili…» (comma 2).
Inoltre, l’articolo 21 del Dlgs n. 546 del 1992 stabilisce che «la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione» (comma 2).
L’ordinanza della Cassazione
Con l'ordinanza n. 8603 del 2015, la Cassazione ha richiamato il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale la richiesta di rimborso dell'eccedenza d'imposta detraibile «è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale e non a quello biennale di cui al Dlgs n. 546 del 1992, articolo 21, applicabile in via sussidiaria e residuale, in mancanza di disposizione specifiche; proprio perché l'attività non prosegue, non sarebbe infatti possibile portare l'eccedenza in detrazione l'anno successivo - (Cassazione. Trib. 9794 /2010; Cassazione. 25318/10 e 13920/11; v. anche Cassazione 27948/09 e, di recente, Cassazione. Trib. 14070/2012 e Cass.Trib.7684 e 7685/2012)» (Cassazione, 20 dicembre 2012, n. 23580; confronta anche Cassazionef, 25 marzo 2014, n. 25996 e, per le società cessate, Cassazione, 18 luglio 2012, n. 12429 e Cassazione, 16 settembre 2011, n. 18920).
Del resto, l’articolo 30, comma 2, del Dpr n. 633 del 1972, «laddove dispone che contribuenti, che non hanno effettuato operazioni imponibili nell'anno cui il credito Iva si riferisce, non possono optare per il rimborso, ma devono necessariamente computare il credito in detrazione nell'anno successivo, riguarda esclusivamente le imprese in piena attività e non esclude quindi il diritto di quelle, che hanno cessato l'attività o che sono fallite, di ricorrere all'istituto del rimborso per il recupero del loro crediti d'imposta, non avendo esse la possibilità di recuperare l'imposta assolta su acquisti ed importazioni nel corso delle future operazioni imponibili (Cassazione, 5486/2003)”» (Cassazione, n. 23580 del 2012).
Invero, come più recentemente chiarito dalla Cassazione, «deve tenersi distinta la domanda di rimborso o restituzione del credito d'imposta maturato dal contribuente, da considerarsi già presentata con compilazione nella dichiarazione annuale del quadro RX4, che configura formale esercizio del diritto, rispetto alla presentazione altresì del modello VR, che costituisce, ai sensi dell'articolo 38-bis, comma primo, del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633, presupposto per l'esigibilità del credito e dunque adempimento necessario solo a dar inizio al procedimento di esecuzione del rimborso» (Cassazione, 13 febbraio 2014, n. 3287).
Considerato che la sentenza di secondo grado si è uniformata all'orientamento giurisprudenziale poc'anzi esposto, la Cassazione ha rigettato il ricorso condannando l’agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di lite.
L’ordinanza n.8603/15 della Cassazione