Controlli e liti

Alla Consulta l’obbligo di rimborsare le spese del giudizio all’ente difeso da un dipendente

Secondo la Ctp di Taranto è illegittima la norma che prevede di remunerare l’attività dei funzionari

di Ivan Cimmarusti

«Quando si difendono da sé, ricorrente ed ente impositore non contendono ad armi pari: infatti, in caso di vittoria, al ricorrente, senza avvocato, non spetta nulla, mentre all’ente, senza avvocato, spettano diritti ed onorario di avvocato. Senza un avvocato!». Le conclusioni sono della Commissione tributaria provinciale di Taranto con l’ordinanza 186 (presidente e relatore Massimo Brandimarte), che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 15, comma 2sexies, del Dlgs 546/92, che prevede la condanna delle spese processuali a favore della Pubblica amministrazione nonostante questa si avvalga di propri dipendenti.

In sostanza, secondo il collegio, «il funzionario, nel momento in cui va a rappresentare l’ente di appartenenza dinanzi al giudice tributario, non fa altro che svolgere una attività rientrante nel proprio mansionario e nell’adempimento dei propri doveri d’ufficio o contrattuali, volta a dare conto dell’operato svolto. Di conseguenza, non si capisce a quale titolo agli enti di appartenenza debbano essere riconosciuti, in caso di vittoria, diritti ed onorari di avvocato».

Ma andiamo con ordine.

Funzionario dell’ente in giudizio
Il contenzioso nasce dal ricorso di un contribuente per un avviso di accertamento Tari, contro il Comune di San Giorgio Jonico (Taranto), costituito e rappresentato da un proprio funzionario interno.

Nel valutare la domanda di parte, il collegio ha affermato che «ai fini della decisione del presente giudizio tributario, nell’ipotesi alternativa in cui soccombente sia la ricorrente, appare rilevante, pregiudiziale e non manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità, che è stata sollevata da parte ricorrente e che viene recepita». Stando all’ordinanza, la Corte di cassazione ha affrontato e risolto più volte «in senso negativo» il quesito generale sull’ammissibilità della condanna del ricorrente soccombente alla refusione delle spese processuali in favore di una Pubblica amministrazione, quando questa – nella logica della semplificazione e del risparmio di tempo e di denaro pubblico – sia autorizzata a stare in giudizio per mezzo semplicemente di propri dipendenti, non iscritti ad alcun albo professionale e nemmeno necessariamente in possesso dei titoli per farlo. Il motivo è semplice: il funzionario amministrativo non ha una qualifica (Cassazione, sezione civile, n. 11389 del 24 maggio 2011; Cassazione, sezione civile, n. 30597 del 20 dicembre 2017).

Compenso ingiustificato
Secondo il collegio tarantino, infatti, «occorrerebbe, intuitivamente, che quegli (il funzionario, ndr) fosse inquadrato in un ufficio legale dell’ente, con la qualifica di avvocato, per avere titolo ad assumerne la rappresentanza istituzionale e la difesa legale esterna e ad a giustificarne l’attribuzione del compenso tariffario relativo, come avviene per determinate istituzioni. Ciò perché l’esercizio della professione di avvocato, libera o dipendente che sia, come qualsiasi altra legalizzata, ed il diritto ai compensi tariffari relativi non possono prescindere dal possesso del titolo accademico specifico e dell’abilitazione professionale corrispondente, conseguita all’esito di un esame di Stato. Lo richiede l’articolo 33 della Costituzione”.

Attività rientrante nelle mansioni ordinarie
In conclusione, «il funzionario, nel momento in cui va a rappresentare l’ente di appartenenza dinanzi al giudice tributario, non fa altro che svolgere una attività rientrante nel proprio mansionario e nell’adempimento dei propri doveri d’ufficio o contrattuali, volta a dare conto dell’operato svolto. Di conseguenza, non si capisce a quale titolo agli enti di appartenenza debbano essere riconosciuti, in caso di vittoria, diritti ed onorari di avvocato, semplicemente per l’attività di mansionario svolta da propri dipendenti».

Trasmissione in Corte costituzionale
Per questi motivi, il Collegio ha ordinato l’immediata trasmissione dell’ordinanza alla Corte costituzionale perché decida sulla eccezione di incostituzionalità dell’articolo 15, comma 2 sexies del Dlgs 546/1992 nella parte in cui stabilisce che «nella liquidazione delle spese a favore dell’ente impositore, dell’agente della riscossione e dei soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 decreto legislativo 446/1997, se assistiti da propri funzionari, si applicano le disposizioni per la liquidazione del 20% dell’importo complessivo ivi previsto».

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