Alle corde sui canoni di leasing
L'unica fonte ufficiale sulle verifiche da effettuare per rilasciare l'attestazione riguarda i crediti Iva. La circolare 57/E/2009, oltre a precisare che le verifiche non comportano valutazioni di merito ma il solo riscontro formale, ha stabilito (in anticipo rispetto all'entrata in vigore della norma) il contenuto di massima dei controlli, poi affinati (con apposite check list) dagli Ordini professionali (circolare Cndcec 14/2010). A oggi, nulla di tutto questo è stato reso noto, e l'impressione è che fissare i paletti per le imposte dirette e l'Irap sia compito ben più arduo che per l'Iva. Se il credito sopra soglia deriva da situazioni del tutto oggettive (come un eccesso di versamenti in acconto), non vi sono problemi; se, invece, il credito emerge da situazioni opinabili (si pensi, per l'Irap, alla deduzione del canone di leasing relativo all'area di pertinenza del fabbricato o dell'accantonamento relativo all'indennità suppletiva di clientela) chi compensa oggi lo fa confidando in un visto che potrebbe anche non arrivare, ove i controlli dovessero riguardare anche queste voci.
All'impasse dovuta dall'assenza di chiarimenti sui test da effettuare per certificare la bontà del credito, si sommano quelle legate al fatto che è lo stesso certificatore che può trovarsi nella situazione di utilizzare un proprio credito sopra soglia. Il professionista che vuol compensare (ad esempio) un credito Irpef di 20mila euro emergente da Unico 2014 può, ove sia egli stesso un soggetto legittimato a rilasciare l'attestazione, vistare la propria dichiarazione? O costituisce ostacolo il fatto che la copertura assicurativa (obbligatoriamente richiesta dalla norma) potrebbe in questo caso non scattare? Il problema si complica negli studi associati, i quali, previo accordo (circolare 56/E/2009), possono utilizzare in compensazione il credito per ritenute trasmesso dagli associati. L'Agenzia, in questa ipotesi, è chiamata a chiarire non solo se il professionista che rilascia i visti per lo studio lo possa apporre anche nel modello Unico SP dell'associazione professionale, ma anche se (per quanto parrebbe adempimento inutile) vanno vistate anche le singole dichiarazioni in cui transita il credito poi riattribuito.
Vi è, poi, la questione della polizza. Se è stata rilasciata come previsto dalle circolari 21/E e 57/E/2009, non è limitata al visto Iva, ma riguarda tutti i modelli dichiarativi (è opportuno verificare). Tuttavia, nei documenti citati l'Agenzia insiste sulla congruità del massimale della polizza, il quale, comunque non inferiore a 1.032.913,80 euro (3 milioni di euro a decorrere dal 2015), deve «essere adeguato al numero dei contribuenti assistiti, nonché al numero dei visti di conformità, delle asseverazioni e delle certificazioni tributarie rilasciati», anche con riferimento allo studio associato. Non è chiaro chi debba verificare questa adeguatezza e con quali parametri, ma è evidente che l'estensione del visto anche ai crediti riguardanti le imposte dirette e l'Irap potrebbe incidere su questa grandezza.