Imposte

Imu, pagamento sospeso nelle aree dell’alluvione in attesa dell’esonero degli immobili danneggiati

Al di fuori dell’emergenza per gli immobili inagibili è prevista la riduzione del 50% dell’Imu, ma si deve trattare di inutilizzabilità «strutturale»

di Giuseppe Debenedetto

Il 16 giugno scade il termine per il versamento dell’acconto Imu 2023, ma il Dl 61/2023 prevede la sospensione dei «termini dei versamenti tributari in scadenza nel periodo dal 1° maggio 2023 al 31 agosto 2023» per i soggetti che il 1° maggio 2023 avevano la residenza ovvero la sede legale o la sede operativa nei 91 comuni dell’Emilia-Romagna e zone confinanti (7 comuni nella Marche, 4 in Toscana) colpiti dai recenti eventi alluvionali.

La sospensione

Per questi è sospeso il pagamento dell’Imu, in attesa che il legislatore provveda ad introdurre l’esonero dall’Imu per gli immobili (fabbriche, magazzini, edifici) distrutti o resi inagibili dai fiumi esondati, in analogia a quanto previsto per il terremoto in Emilia del 2012.

La legge di Bilancio 2023 ha infatti prorogato fino al 31 dicembre 2023 l’esenzione dall’Imu per i fabbricati oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, parzialmente o totalmente inagibili a causa del terremoto di maggio 2012. Sempre la legge 197/2022 ha prorogato al 31 dicembre 2023 l’esenzione dall’Imu per i fabbricati ubicati nelle zone colpite dagli eventi sismici verificatisi nel 2016 (Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria) purché distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, adottate entro il 31 dicembre 2018.

Per il sisma del 2009 che ha colpito L’Aquila non è invece previsto alcun termine in quanto l’articolo 6 del Dl 39/2009 esonera dall’Imu i fabbricati oggetto di ordinanze di sgombero perché inagibili totalmente o parzialmente «fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati stessi».

I casi fuori dall’emegenza

Al di fuori delle situazioni emergenziali, per gli immobili inagibili è invece prevista la riduzione del 50% dell’Imu, ma occorre fare attenzione perché si deve trattare di inagibilità «strutturale», consistente in un degrado fisico sopravvenuto (fabbricato pericolante, fatiscente, eccetera) superabile con interventi di restauro o risanamento conservativo e/o ristrutturazione edilizia. Non è quindi possibile usufruire dello sconto in caso di inagibilità dovuta ad interventi di manutenzione dell’immobile (si veda la recente decisione della Cassazione 5804/2023). Inoltre, se la situazione di inagibilità non è nota al Comune, occorre presentare un’apposita dichiarazione, in assenza della quale non è possibile concedere la riduzione dell’Imu al 50% (Cassazione 1016/2023). Per i fabbricati di interesse storico o artistico, che sono allo stesso tempo inagibili, è stato peraltro chiarito che scatta la doppia agevolazione con conseguente riduzione dell’aliquota al 25%, data la differente finalità perseguita (Cassazione 6266/2023).

Gli immobili collabenti

Un altro caso limite, di fabbricati completamente danneggiati, è costituito dagli immobili «collabenti» (diroccati) accatastati in F2 e quindi sforniti di rendita. Per questi si è formato un orientamento giurisprudenziale che li ritiene non soggetti ad Imu non già per assenza di presupposto ma per azzeramento della base imponibile stante l’incapacità di tali fabbricati di produrre ordinariamente un reddito proprio (Cassazione 17815/2017, 25774/2017, 7653/2018, 8622/2019, 10122/2019). Tuttavia la disciplina della nuova Imu (legge 160/2019) ha cambiato la definizione di fabbricato, quale unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano «con attribuzione di rendita catastale»: inciso che finisce per neutralizzare l’orientamento della Cassazione, perché la mancanza della rendita catastale non consente più di ritenere questi immobili «fabbricati». Pertanto, alla luce della modifica normativa, l’Imu dal 2020 è applicabile anche ai fabbricati collabenti, considerando come base imponibile l’area fabbricabile sottostante (in tal senso, Ctr Toscana 1031/2022).

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