Controlli e liti

Amministratore, compenso sequestrabile se c’è reato

Per i giudici di legittimità le somme non rientrano in quelle da lavoro dipendente

di Antonio Iorio

I compensi erogati all’amministratore della società che ha commesso reati tributari sono sequestrabili in quanto non si tratta di somme derivanti da lavoro dipendente. A fornire queste indicazioni è la Cassazione, sezione 3 penale nella sentenza 14250/2021.

L’amministratore di una Spa era condannato in primo grado in concorso con altri per reati tributari. Successivamente veniva disposto il sequestro preventivo sul proprio conto di una somma ulteriore rispetto a quanto inizialmente sequestrato in quanto la prima misura non era stata interamente soddisfatta. L’interessato impugnava la misura cautelare evidenziando che le somme erano state percepite per l’incarico di amministratore con conseguente limitazioni alla pignorabilità di cui all’articolo 545 Codice procedura civile. Secondo i giudici del riesame, invece, non era possibile qualificare tali emolumenti, quali stipendio, salario o altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, a causa dell’immedesimazione organica intercorrente nel ruolo di amministratore tra persona fisica e giuridica.

La decisione era impugnata in Cassazione e l’imputato contestava tra l’altro la non applicazione dell’articolo 545 Codice procedura civile in base al quale le somme dovute per stipendio, salario o altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, possono essere pignorate nella misura di un quinto. Inoltre, nel caso di accredito su conto intestato al debitore, tali somme possono essere pignorate per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale se l’accredito avviene anteriormente al pignoramento, mentre, se avviene alla data del pignoramento o dopo, segue le limitazioni previste. Si rappresentava, inoltre, che per la prevalente giurisprudenza, al sequestro preventivo si estendevano i principi sull’impignorabilità e sequestrabilità di somme di origine retributiva e pensionistica onde garantire i diritti inalienabili, tra cui il vitalizio minimo.

La Cassazione ha respinto il ricorso, ricordando che esistono sul punto tre orientamenti: 1) maggioritario, favorevole all’applicazione delle limitazioni del Codice di procedura civile al sequestro preventivo penale; 2) contrario alla predetta applicazione perché il Codice regola rapporti tra privati, mentre l’interesse pubblicistico tutelato con il sequestro esclude che la pretesa conseguente sia di natura civilistica; 3) di tipo intermedio secondo cui il divieto di pignoramento non opera se le somme sono già state corrisposte all’avente diritto e sono confuse con il suo patrimonio perdendo così l’originaria natura «alimentare». Nella specie tuttavia, secondo la sentenza, prima dell’estensione o meno dei limiti del Codice di procedura civile al sequestro penale, emergeva che le somme cautelate derivassero dalla remunerazione del ruolo di amministratore svolto dall’indagato e quindi al di fuori dell’ambito della previsione dell’articolo 545.

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