Anche all’attività enoturistica si applica il regime forfettario
Le colline del prosecco di Conegliano Veneto e Valdobbiadene sono dicentate un sito Unesco e ora (si auspica) saranno meta di turisti. Questa bella circostanza si concilia perfettamente con l’attività di enoturismo regolata recentemente con il decreto del ministro delle Politiche agricole e forestali del 12 marzo 2019 (Gazzetta ufficiale numero 89 del 10 aprile 2019) in quanto la coincidenza con il riconoscimento Unesco può rappresentare una efficace sinergia.
L’attività enoturistica ora attuata dal competente Ministero, era stata introdotta dalla legge di bilancio 2018 (articolo 1, commi da 502 a 505 della legge 205/17).
Con riferimento alle produzioni vitivinicole del territorio rientrano nell’enoturismo tutte le attività formative e informative rivolte alla produzioni vitivinicole e la conoscenza del vino espletate nel luogo di produzione con particolare riguardo alle indicazioni geografiche Dop e Igp.
Le operazioni consistono nelle visite nei luoghi di coltivazione, alle cantine, nei luoghi di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, alla storia ed alla pratica della attività vitivinicola ed enologica in genere. Sono altresì comprese le iniziative di carattere didattico, culturale e ricreativo svolte nell’ambito delle cantine e dei vigneti ivi compresa la vendemmia didattica.
Non possono mancare le attività di degustazione anche in abbinamento ad alimenti da intendersi quali prodotti agroalimentari freddi preparati dall’azienda stessa; non è prevista la ristorazione che splafonerebbe nell’agriturismo.
La commercializzazione dei prodotti è ovviamente possibile ma tale operazione rientrerebbe nella attività di cessione di beni e non di prestazione di servizio quale è l’enoturismo.
Si osserva che l’enoturismo può essere praticato da tutti i produttori di vino siano essi imprenditori agricoli o aziende industriali; tuttavia appare evidente che l’azienda debba comprendere sia il vigneto che la attività di trasformazione delle uve in vino.
L’articolo 2 del decreto fissa le linee guida che fanno emergere standard qualitativi elevati.
Tra i requisiti da verificare, ad esempio, è richiesta l’apertura settimanale o stagionale con un minimo di tre giorni, la predisposizione di adeguati strumenti di prenotazione delle visite preferibilmente informatici con sito web aziendale, l’impiego di personale dotato di adeguate competenze, la presenza di ambienti dedicati e attrezzati, l’utilizzo di calici di vetro o altri materiali idonei a non alternare le proprietà organolettiche del prodotto e così via. Inoltre occorre creare delle sinergie turistiche con altre attività segnalando con il materiale informativo altre produzioni tipiche nonché le attrazioni turistiche e paesaggistiche del territorio.
Nella legge di bilancio 2018 troviamo due norme una amministrativa e l’altra fiscale che interessano questa attività.
In primo luogo l’avvio dell’attività enoturistica deve essere preceduto dalla presentazione al Comune di competenza, della segnalazione certificata di inizio attività (Scia).
L’esercizio dell’attività richiede il rispetto di norme igienico – sanitarie nonché il rispetto di norme specifiche, contenute nel decreto ministeriale del 12 marzo 2019.
Se l’attività di enoturismo è svolta da un imprenditore agricolo , trovano applicazione le disposizioni fiscali previste dall’articolo 5 della legge 413/91, ovvero il regime forfetario proprio delle attività di agriturismo.
Pertanto, ai fini delle imposte dirette, il reddito imponibile si determina applicando un coefficiente di redditività del 25% all’ammontare dei ricavi conseguiti con l’esercizio dell’attività di enoturismo, al netto della imposta sul valore aggiunto; ai fini Iva, invece, il regime forfetario consiste nell’applicazione di una percentuale di detrazione pari al 50% dell’Iva applicata sulle operazioni attive che nella fattispecie corrisponde al 22%.
Il regime forfetario ai fini delle imposte dirette non si applica alle società di capitali.