Imposte

Anche Barilla entra nel regime di collaborazione con le Entrate

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di Marco Mobili e Giovanni Parente

La cooperative compliance apre le porte anche a Barilla. Salgono così a 11 le società ammesse al regime di adempimento collaborativo con l’agenzia delle Entrate (a fronte di 23 istanze che risultavano presentate alla fine del 2017) riservato per ora alle imprese di grandissime dimensioni. Un regime che punta a prevenire il rischio fiscale in piena collaborazione con l'amministrazione finanziaria. Di fatto, il rischio fiscale viene inserito tra i rischi aziendali da monitorare secondo logiche simili a quelle del decreto legislativo 231/2001 in materia di responsabilità amministrativa degli enti. Con una serie di vantaggi e semplificazioni per chi vi entra: procedura abbreviata di interpello preventivo con risposta entro 45 giorni; applicazione di sanzioni ridotte alla metà, e comunque in misura non superiore al minimo edittale, con sospensione della riscossione fino alla definitività dell'accertamento, per i rischi comunicati in modo tempestivo e completo, qualora l’agenzia delle Entrate non condivida la posizione dell'impresa; esonero dal presentare garanzie per i rimborsi delle imposte dirette ed indirette per tutto il periodo di permanenza nel regime.

Un meccanismo, però, con porte di ingresso molto limitate. Allo stati attuale la cooperative compliance è accessibile a tutti i soggetti che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a 10 miliardi di euro, ridotto a un miliardo di euro per coloro che abbiano presentato istanza di adesione al progetto pilota sul regime di adempimento collaborativo. Un’altra modalità d’ingresso è rappresentata dall’interpello per i nuovi investimenti (è necessario investire in Italia importi non inferiori a 30 milioni di euro assicurando significative ricadute occupazionali), in questo caso a prescindere dal volume d’affari o ricavi. Secondo le stime delle Entrate, la platea dei potenziali interessati è limitata ad appena 74 società di capitali. Tra i target indicati nell’ultimo piano delle performance dell’Agenzia, c’è quello di arrivare al 35% di accessi rispetto a questa platea entro la fine del 2018 (a conti fatti si tratterebbe di 26 soggetti) e al 50% entro il 2019. I numeri poi dovrebbero cambiare con la fine del regime transitorio di ingresso. A partire dal 2020, infatti, la cooperative sarà accessibile a tutti i soggetti con volume d'affari e ricavi superiore a 100 milioni di euro. In pratica, base dei potenziali interessati si allargherebbe a 3.200 imprese.

Intanto, l’ammissione al regime (con decorrenza dall’anno d’imposta 2017) è stata salutata con molta soddisfazione da Barilla. «L’obiettivo raggiunto rappresenta per Barilla un traguardo in linea con le strategie aziendali e costituisce una tappa fondamentale del percorso di accountability a livello internazionale», ha spiegato il group tax vice president Gianluca Tagliavini. Anche perché il gruppo emiliano è in prima linea nell’adozione di strumenti di cooperazione internazionale con le autorità fiscali dei Paesi in cui opera nel mondo, considerando che 14 delle 28 unità produttive sono ubicate oltreconfine e che esporta in più di 100 Stati.

Barilla non è l’unica grande azienda del food a essere entrata nella cooperative compliance. la “tessera numero 1” del regime appartiene, infatti, a Ferrero che è entrata sia con la capogruppo che con quattro controllate già a inizio del 2017. Ma nel parterre figurano anche Unicredit, Finecobank, Leonardo, Prada e Shell Italia.

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