Diritto

Assistenti di volo part-time, nel computo pensionistico anche i periodi di stop lavorativo

La sentenza 4910/2020 del Tribunale di Roma precisa che vanno inclusi nell’anzianità anche i periodi di non lavoro

immagine non disponibile

di Andrea Taglioni

Agli assistenti di volo, che hanno prestato l’attività lavorativa in regime di part-time verticale ciclico, deve essere riconosciuto il diritto di computare ai fini pensionistici anche i periodi non lavorati.

E questo per il principio secondo il quale la contribuzione ridotta incide sulla determinazione della pensione e non sulla durata del rapporto di lavoro per cui, ai fini pensionistici, vanno inclusi nell’anzianità contributiva anche i periodi non lavorati.

A stabilirlo è il Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 4910 pronunciata l’8 settembre. Grazie all’Anpav (Associazione nazionale professionale assistenti di volo) e alla collaborazione dello studio Legale Baudino, gli assistenti di volo di diverse compagnie aeree si sono visti riconoscere il diritto all’anzianità contributiva anche per i periodi dell’anno in cui non è stata effettuata la prestazione lavorativa.

Ma veniamo ai fatti. I ricorrenti hanno convenuto in giudizio l’Inps assumendo di avere operato con orario di lavoro part-time verticale e, per questo chiedevano che, nell’ambito del programma negoziale lavorativo concordato con il datore di lavoro, venisse loro riconosciuta l’anzianità contributiva per 52 settimane per tutti i periodi durante i quali avevano lavorato in regime di part-time.

Da qui la richiesta di modificare le rispettive posizioni previdenziali. A questo riguardo va ricordato che le disposizioni interne prevedono che i periodi di inattività lavorativa del part-time verticale non sono valorizzati ai fini della maturazione dell’anzianità contributiva computabile a fini pensionistici.

Ripercorrendo i precedenti principi giurisprudenziali, che sul tema sono oramai consolidati, i giudici romani hanno accolto il ricorso. Rifacendosi agli orientamenti di legittimità il Tribunale sottolinea come la questione dell’anzianità previdenziale è svincolata dall’effettiva prestazione lavorativa ed anche dalla misura dei contributi versati.

Dirimente, a riguardo, non è la quantificazione dei contributi da accreditare al lavoratore in regime di part-time, ma la circostanza che essi siano riproporzionati sull’intero anno cui si riferiscono, sebbene siano stati versati in riferimento a prestazioni eseguite per in alcuni mesi dell’anno. E questo anche in considerazione del fatto che già la giurisprudenza comunitaria aveva affermato il principio di parità di trattamento tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale riconoscendo, nel calcolo dell’anzianità contributiva, anche i periodi non lavorati. Pertanto, in questi casi, ai lavoratori che hanno un rapporto a tempo parziale non può essere preclusa la possibilità di tenero conto, nel calcolo dell’anzianità contributiva necessaria per acquisire il diritto alla pensione, dei periodi non lavorati.

Secondo Anpav si tratta di «una vittoria che valorizza le carriere di chi già subisce una penalizzazione economica».


Per saperne di piùRiproduzione riservata ©