Finanza

Associazioni e società sportive dilettantistiche, attività decommercializzate fuori dal calcolo dei ricavi

La circolare 5/E conferma l’interpretazione fornita dal Mef in risposta a un’interrogazione parlamentare: rilevanti solo i ricavi Ires

Sport dilettantistico, nel calcolo del contributo vanno computati i soli ricavi rilevanti ai fini Ires. Con la circolare 5/E/2021, l’agenzia delle Entrate interviene a sciogliere i dubbi in ordine ai criteri di accesso alle misure agevolative previste con il decreto Sostegni con riferimento alle associazioni sportive dilettantistiche (Asd), confermando quanto ribadito dal ministero dell’Economia (Mef) nella risposta resa lo scorso 12 maggio a seguito di un’interrogazione parlamentare (5 – 05961) in commissione Finanze alla Camera (si veda l’articolo).

In particolare, la questione sottoposta all’attenzione dell’Amministrazione finanziaria mira a chiarire se, nella determinazione del contributo previsto dal decreto Sostegni (articolo 1 Dl 41/2021), siano inclusi nel computo anche i corrispettivi derivanti dalla Asd in ragione della propria attività istituzionale. Ciò nel presupposto che queste siano operazioni strutturalmente commerciali che, tuttavia, fruiscono del regime di decommercializzazione ai fini delle imposte dirette (articolo 148, comma 3, del Tuir) e Iva (articolo 4 del Dpr 633/1972).

La risposta dell’Agenzia è negativa e conferma quanto già chiarito in precedenti orientamenti di prassi: nel computo rilevano i soli ricavi rilevanti ai fini Ires, non anche le entrate decommercializzate. Facendo un esempio, possono annoverarsi nel computo i ricavi derivanti dalla gestione di un bar presso la sede dell’ente sportivo o i proventi da sponsorizzazione, mentre restano fuori le quote associative, tipiche entrate delle Asd decommercializzate.

L’indicazione dell’Agenzia richiama, peraltro, quanto già chiarito in altro documento di prassi ove, con riferimento alle associazioni di promozione sociale (Aps), erano state escluse dal calcolo del contributo a fondo perduto le entrate derivanti da attività decommercializzate o non conseguite nell’esercizio di attività commerciali (circolare 22/E/2020). Nella sostanza, l’ennesimo chiarimento di prassi arricchisce l’orientamento e si pone in linea con il contesto normativo.

Restano, tuttavia, perplessità in sede applicativa, legate ai criteri previsti per assegnare i sostegni anche agli enti non profit. In questo caso, infatti, sono stati utilizzati parametri tipici delle imprese, per le quali non vi è evidentemente alcuna necessità di distinguere tra entrate derivanti da attività commerciali e non commerciali. Aspetto, questo, di tutto rilievo invece per le realtà non profit. Considerato che l’obiettivo del decreto Sostegni è quello di ristorare gli enti per le perdite subìte a fronte dell’attività istituzionale, appare quantomeno incoerente tale previsione legislativa. Specie tenuto conto che il diverso trattamento riservato agli enti non commerciali può incidere sul quantum di contributo ad essi spettante o, ove sprovvisti di partita Iva, a non riceverlo proprio.

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