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Assonime: sistema di allerta troppo punitivo

Le proposte di Assonime sull’emergenza fallimenti. Centrale la direttiva Ue

di Giovanni Negri

Intervenire su allerta, procedure di ristrutturazione e liquidazione, favorendo l’esdebitazione. Cogliendo il recepimento della direttiva sull’insolvenza come occasione per restituire modernità alla disciplina della crisi d’impresa. Sono le direttrici delle proposte di Assonime, cristalizzate in uno studio diffuso ieri, che parte dall’amara constatazione dell’effetto pandemia per cui stime Bankitalia indicano un aumento nel 2021 di circa 6.500 fallimenti rispetto al 2019.

Se questo è il quadro, allora, mentre sono in corso i lavori della commissione ministeriale, ci sono alcuni punti sui quali per Assonime è urgente intervenire. L’istituto dell’allerta previsto dal Codice della crisi ha un impianto oneroso e punitivo, non in linea con il sistema delineato dalla direttiva europea. Il nuovo articolo 2086 del Codice civile, in vigore da marzo 2019, ha già introdotto, sottolinea Assonime, un efficiente sistema di prevenzione della crisi interno alla società, basato sugli obblighi di monitoraggio e intervento degli amministratori che si completa, nei casi gravi di inerzia di questi, con la denuncia al Tribunale da parte dei sindaci. Per le società di piccole dimensioni andrebbero istituiti servizi di supporto pubblici o privati, cui l’imprenditore possa volontariamente rivolgersi per la gestione della crisi.

La crisi ha poi messo in evidenza la necessità di istituti che permettano alle imprese in situazioni di difficoltà temporanea di rimodulare termini e condizioni contrattuali con i propri fornitori e creditori senza interrompere il flusso dei pagamenti, e di concludere accordi con i creditori al riparo da azioni esecutive individuali. Il modello che potrebbe essere utilizzato è quello della composizione assistita previsto dal Codice della crisi, affidato alle Camere di commercio e alla rete degli Ocri, eliminando la segnalazione automatica al pm.

Per le piccole imprese occorre semplificare le procedure ipotizzando una gestione della crisi interamente stragiudiziale, oppure introducendo la possibilità per il Tribunale di omologare un piano di ristrutturazione anche senza il consenso di alcuna classe di creditori, qualora sia evidente che la liquidazione non porterebbe a migliori risultati.

Detto che all’autorità giudiziaria andrebbe sottratto il giudizio di fattibilità del piano di concordato, per Assonime creditori e soci dovrebbero essere incentivati a favorire il processo di ristrutturazione. Ai creditori, in particolare, dovrebbe essere riconosciuto un ruolo attivo nella predisposizione del piano di ristrutturazione, come alternativa alla semplice possibilità di rifiutare la proposta del debitore.