Attività enoturistica, vantaggi da pesare
La Legge di Bilancio 2018 introduce, ai commi da 502 a 505, la nuova figura dell’attività enoturistica che tuttavia non pare distinguersi in maniera significativa da quella agrituristica, di cui mutua il regime fiscale.
In base alla legge 205/2017, l’enoturismo ricomprende due tipi di attività: da un lato, le iniziative didattico/conoscitive del mondo del vino, da svolgersi presso le vigne e le cantine (luoghi di coltivazione e produzione; laddove analoghe attività erano già previste per gli agriturismi, pure vinicoli, e anche al di fuori dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, dall’articolo 2 della legge 96/2006); dall’altro, la commercializzazione del vino prodotto in azienda, anche tramite degustazione in abbinamento ad alimenti. Qui la novità si delinea più chiaramente, perché commercializzare vino aziendale non è, a rigor di legge, un’attività compresa in quella agrituristica (nel contesto della quale, il vino aziendale può essere ceduto solo in degustazione e mescita o con la somministrazione pasti, e sempre in via “secondaria” rispetto all’attività di produzione).
La commercializzazione delle bottiglie sembrerebbe poter beneficiare del regime forfettario naturale degli agriturismi previsto dall’articolo 5 della legge 413/1991 (salva l’opzione per il regime ordinario di determinazione del reddito a costi e ricavi, vincolante per un triennio), per cui il reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, per gli imprenditori agricoli non soggetti Ires, è pari al 25% dei ricavi conseguiti al netto dell’Iva; mentre l’Iva da versare coincide, per tutti gli imprenditori, con il 50% dell’imposta addebitata sulle operazioni imponibili (a titolo di detrazione forfetaria dell’imposta afferente agli acquisti e alle importazioni). Questo regime non appare tuttavia quello idoneo nel caso della cessione del vino.
Tale regime potrebbe apparire, in sé considerato, conveniente; tuttavia, è bene ricordare che un produttore vinicolo in forma individuale o di società semplice, che ceda vino prevalentemente di sua produzione, mette in atto un’attività agricola “connessa” ex articolo 2135, comma 3 del Codice civile e dunque già tassabile in maniera ancor più favorevole, in termini di reddito agrario forfetario ex articolo 32 del Tuir (restando redditi agrari anche quelli da produzione, manipolazione e commercializzazione di vino acquistato da terzi, nel limite del doppio delle quantità prodotte in proprio dall’imprenditore: la cosiddetta franchigia). La produzione di vino, infatti, rientra nelle attività assorbite nel reddito catastale, in base ai Dm 17/6/2011 e 13/2/2015. Persino i viticultori in forma di società commerciali (tranne le Spa) o cooperative, se optano per il regime previsto dall’articolo 1, comma 1093, della legge 296/2006, possono attrarre a reddito agrario i proventi dalla cessione del vino, prodotto prevalentemente in azienda da fondi propri.
Anche per quanto riguarda l’Iva, applicare il regime di tassazione eno/agrituristico alla cessione del vino aziendale è una scelta che va attentamente ponderata. Questo regime, infatti, determina l’Iva da versare nel 50% dell’imposta addebitata sulle operazioni imponibili; laddove già il regime speciale Iva per i produttori agricoli ex articolo 34 del Dpr 633/1972, applicabile anche ai vinicoli, ammette la detrazione forfetizzata dell’Iva in misura pari all’applicazione, sullo stesso imponibile, della percentuale di compensazione ministeriale (pari al 12,30% per il vino, Dm 23/12/2005), con risultati più favorevoli (tenendo conto che le cessioni di vino scontano l’aliquota Iva ordinaria del 22 per cento).
In definitiva, l’aver delineato l’enoturismo come una costola dell’agriturismo, senza però avervi incluso l’ospitalità in alloggi e la somministrazione pasti, appare una innovazione di portata modesta. E se la visita in cantina o il tour delle vigne possono ora ricadere nel regime di tassazione agrituristico, senza più generare reddito d’impresa, resta pur fermo che la commercializzazione del vino in cantina può già scontare, nel frastagliato mondo della fiscalità agricola, di un trattamento fiscale di assoluto favore.