Aumento di capitale con finanziamento soci: l’enunciato non paga il 3%
L'enunciazione del contratto verbale nell'atto notarile non dovrebbe essere tassata
IL CASO. Una società a responsabilità limitata ha due soci che detengono il 50% ciascuno di un capitale sociale di 10mila euro e che hanno versato (dopo un anno dalla costituzione) un finanziamento soci di 50mila euro. La società intende deliberare un aumento di capitale da 10mila a 60mila euro, mediante la conversione del finanziamento soci di 50mila euro.
1. La situazione di fatto
I due soci che detengono il 50% ciascuno del capitale hanno versato un finanziamento soci di complessivi 50mila euro, dopo un anno dalla costituzione della società.
Il finanziamento, pertanto, è avvenuto nel rispetto di quanto previsto dal Comitato interministeriale del Credito e risparmio, che all’articolo 6 evidenzia che le società di capitali possono essere finanziate dai soci che:
● detengano una partecipazione di almeno il 2% del capitale sociale risultante dall’ultimo bilancio approvato;
● e siano iscritti nel libro dei soci da almeno tre mesi.
Tale limitazione, soprattutto per le società neo costituite, non opera per le società di persone.
2. I documenti a supporto
La società ha contratto i finanziamenti soci con semplice bonifico, senza alcuna delibera o scambio di Pec.
3. L’orientamento notarile
La massima n. H.G.38 del Comitato notarile del Triveneto ammette, «in caso di aumento a pagamento del capitale sociale, la compensazione tra il debito del socio che ha sottoscritto l’aumento ed il debito che la società ha verso il socio sottoscrittore per finanziamenti soci (e ciò anche nel caso di aumento a pagamento a seguito di azzeramento del capitale o di riduzione del capitale al di sotto del minimo di legge per perdite).
4. Il principio dell’enunciazione
Il finanziamento dei soci rientrerebbe nell’ambito di applicazione del Principio di enunciazione di cui articolo 22 del Dpr 131/186, secondo il quale, se in un atto sono enunciati atti scritti non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto, si applica l’imposta del 3% anche alle disposizioni enunciate (Cassazione 15585/2010).
Tuttavia, tale principio è stato recentemente confutato con le due sentenze n. 3839 e n. 3841 pubblicate l’8 febbraio 2023, con le quali la stessa Cassazione ha sancito che nell’ipotesi di un contratto verbale di finanziamento l’enunciazione non comporta l’applicazione dell’imposta di registro del 3% laddove non permangono gli effetti del finanziamento soci, che in questo caso viene convertito in capitale.
Pertanto, nell’attesa di una indicazione di prassi a supporto dell’orientamento assunto con queste ultime pronunce della Suprema corte, l’eventuale enunciazione di un finanziamento verbale nell’atto notarile di aumento di capitale, come nel caso in esame, non dovrebbe comportare la tassazione del 3 per cento.