Auto aziendali, la leva fiscale è ancora troppo debole
Le regole in vigore non incentivano il settore stabilendo paletti fissi alla deducibilità senza tenere conto dell’uso effettivo del mezzo
La più recente attività normativa relativa alla fiscalità del settore automotive si è intrecciata più volte con quella del reddito di lavoro dipendente. Forse si è trattato di una casualità, ma nonostante l’emergenza sanitaria, è sempre più chiaro che la mobilità si stia evolvendo anche in Italia.
Il quadro
Oggi l’utilizzo di un veicolo aziendale, anche da parte dei lavoratori per finalità private, non è più una prerogativa dei dirigenti di prima linea. Può invece essere un modo per ottimizzare le risorse offrendo al dipendente la possibilità dell’utilizzo di un mezzo di trasporto che viceversa rimarrebbe fermo nei parcheggi dell’azienda. Peraltro è una soluzione rispettosa dell’ambiente, in quanto evita al collaboratore di dover acquistare una propria auto per fini personali. Il benefit auto, dunque, non è un lusso per pochi, ma sta diventando, e si auspica diventi ancor di più, una nuova forma di integrazione salariale erogata sotto forma di compenso in natura, peraltro utile in Italia, dove gli stipendi non sono elevati.
La (debole) leva fiscale
È chiaro che la leva fiscale potrebbe fare molto per il rilancio di un settore come quello auto. L’attuale ordinamento, invece, non è né particolarmente incentivante né equo, quantomeno rispetto a quello degli altri Paesi europei. La disciplina dell’Iva in deroga accordata all’Italia, permette la detraibilità dell’imposta nella misura (limitata) del 40% dei costi afferenti all’auto nella maggior parte dei casi.
La deducibilità dei costi relativi alle autovetture a disposizione dell’azienda e utilizzate dai dipendenti per le trasferte sconta un primo tetto massimo di 18.075,99 euro, oltre il quale ogni singolo centesimo è irrilevante fiscalmente, ma soprattutto un secondo limite pari al 20% dei costi auto sostenuti.
Ad esempio, un’autovettura aziendale a disposizione, dal costo di 45.000 euro (al lordo dell’Iva indetraibile), nel primo anno di acquisizione ha ammortamenti deducibili di circa 450 euro (18.075,99 x 25% : 2 x 20%). Pari all’1% effettivo del costo. Ciò accade nel primo anno e comunque si può arrivare solo fino a un 8% complessivo in cinque anni.
La questione inerenza
È vero che se si vuole forfettizzare è necessario rinunciare alla precisione, ma un trattamento fiscale equo dovrebbe tener conto dell’inerenza della spesa in relazione allo svolgimento dell’attività di impresa. Di conseguenza, se il mezzo di trasporto fosse utilizzato al 100% per ragioni di lavoro, tale dovrebbe essere la misura della deducibilità dei relativi costi. Ed è improbabile che nella maggior parte dei casi l’auto aziendale dell’esempio sia utilizzata a fini lavorativi soltanto in misura pari all’1%, come prescritto dal legislatore in base ad una presunzione legale assoluta.
Ben vengano le forfettizzazioni, ma con queste aliquote fiscali dovrebbe essere ammessa almeno la prova contraria.
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Stefano Sirocchi
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