Contabilità

Beni immateriali, rivalutazione possibile anche per i marchi non in bilancio

La risposta inedita a un interpello chiarisce la posizione delle Entrate, in linea con l’Oic

di Luca Gaiani

Arriva il via libera alla rivalutazione anche per i marchi mai iscritti in bilancio, purché ancora tutelati al 31 dicembre 2020. Con una risposta ad interpello resa nella giornata di ieri, e ancora inedita, l'agenzia delle Entrate ha confermato la rilevanza fiscale di quanto indicato dall'Oic nel documento interpretativo n. 7. Dopo la precedente risposta favorevole sul know how, si completa così il quadro interpretativo sull'adeguamento dei valori dei beni immateriali autoprodotti.

Rivalutazione intangibili

La rivalutazione disposta dal Dl 104/2020 sta suscitando un elevato interesse nella chiusura dei bilanci 2020. Il provvedimento presenta diversi aspetti di favore (tra cui in particolare la misura contenuta dell'imposta sostitutiva) che sono finalizzati ad incentivare le società a far emergere nel proprio bilancio i maggiori valori dei beni, rafforzando il patrimonio netto per far fronte alla crisi economica.

Uno degli asset più importanti, e non valorizzato in bilancio, di molte imprese del made in Italy è costituito dal marchio, bene immateriale per il quale, dal 2020, non è più consentito di usufruire del patent box.

La possibilità di rivalutare i marchi autoprodotti, per i quali non sono stati sostenuti costi di acquisto, aveva in passato sollevato dubbi interpretativi in relazione alla condizione, stabilita dalla norma, che i beni fossero iscritti in bilancio.

L'Oic, nella versione finale del documento interpretativo n. 7/2021, ha affermato che sotto il profilo civilistico anche i beni immateriali mai iscritti in bilancio possono formare oggetto di rivalutazione ai sensi del Dl 104/2020, purché ancora tutelati alla data di riferimento del bilancio in cui la rivalutazione viene eseguita.

Il Fisco segue l’Oic

Con l'interpello n. 956-2846/2020, una società sottopone alle Entrate un quesito circa la possibilità di rivalutare, con riconoscimento fiscale, i marchi di cui essa dispone, aventi notorietà e importanza mondiale. L'istante afferma di non aver mai iscritto in bilancio alcun importo con riferimento a tali intangibili in quanto si tratta di marchi autoprodotti per i quali non sono stati sostenuti costi di acquisto. La società precisa, inoltre, che le spese di registrazione, rinnovo e tutela dei marchi, ancorché teoricamente capitalizzabili, sono state sempre imputate a conto economico. I marchi in questione, tuttora interamente tutelati in base alle normative applicabili, sono stati elencati nella nota integrativa e nella relazione sulla gestione.

La Divisione contribuenti dell'agenzia delle Entrate conferma la possibilità di rivalutare i marchi della società, anche se nessun importo è mai stato iscritto all'attivo, richiamando al riguardo il citato intervento interpretativo dell'Oic. L'Agenzia sottolinea che l'impianto normativo della rivalutazione (anche di quella con rilevanza fiscale) ha natura essenzialmente contabile-civilistica, come risulta anche dalla relazione ministeriale alla legge 126/2020. La possibilità di attribuire riconoscimento fiscale ai maggiori importi indicati in bilancio non è dunque subordinata alla ricorrenza di presupposti oggettivi autonomi, ma è legata, in presenza di una valida rivalutazione civilistica, ad una scelta del contribuente e al versamento dell'imposta sostitutiva.

Marchi e know how

Non vi sono, prosegue la risposta delle Entrate, disposizioni specifiche in ambito fiscale che ostino alla possibilità di dare efficacia fiscale alla rivalutazione laddove questa sia stata legittimamente operata in ambito contabile. Conseguentemente, termina il documento di prassi, i marchi della società, citati nella nota integrativa e descritti nella relazione sulla gestione, possono costituire oggetto di rivalutazione, purché ancora tutelati giuridicamente alla chiusura dell'esercizio 2020, anche se i relativi costi, seppur capitalizzabili, sono stati imputati nel conto economico. Con la risposta di ieri si chiude dunque il cerchio sulla possibilità, a legislazione vigente, di rivalutare i beni immateriali non iscritti, dopo che analoga interpretazione era stata fornita, nell'interpello 956-343/2021, con riguardo al know-how (si veda Il Sole 24 Ore dell'11 aprile scorso).

IN SINTESI

Rivalutazione e beni immateriali

La possibilità di rivalutare gli intangibili autoprodotti ha sollevato in passato dubbi interpretativi in quanto la legge richiede che i beni rivalutabili siano iscritti in bilancio. I beni autoprodotti, per i quali non sono stati sostenuti costi di acquisto non figurano invece nello stato patrimoniale, qualora, come di prassi, anche le spese di registrazione sono imputate a conto economico. L'Agenzia aveva finora ammesso la rivalutazione solo dei beni completamente ammortizzati.

L'intervento dell'OIC

Nella versione definitiva del documento interpretativo n. 7, diffusa il 31 marzo scorso, l'Oic ha affermato che possono essere oggetto di rivalutazione anche i beni immateriali che sono ancora tutelati giuridicamente alla data di chiusura del bilancio, anche qualora i relativi costi, seppur capitalizzabili nello stato patrimoniale, sono stati imputati interamente a conto economico. Questo perché, secondo l’Oic, la possibilità di rivalutare i beni immateriali mai iscritti in bilancio ha esclusiva valenza civilistica.

Rivalutabile il know how

Nella risposta all'interpello n. 956-343/2021 l'Agenzia ha risposto affermativamente alla richiesta di poter rivalutare un know how, tutelato giuridicamente, consistente in informazioni segrete riguardanti le tecniche produttive. La risposta delle Entrate richiama quanto affermato dall'Oic circa la rivalutazione in ambito civilistico dei beni immateriali mai iscritti e conclude affermando che la legittimità civilistica è condizione sufficiente anche per il riconoscimento fiscale.

Via libera ai marchi non iscritti

L'Agenzia chiude il cerchio delle interpretazioni sugli intangibili mai iscritti in bilancio, affrontando e risolvendo positivamente il caso di una società titolare di rinomatissimi e prestigiosi marchi internazionali. La società non ha sostenuto costi per l'acquisto dei marchi ed ha sistematicamente spesato a conto economico gli oneri per le registrazioni e la difesa. La rivalutazione, se i marchi sono ancora tutelati a fine 2020, è legittima civilisticamente e può avere altresì riconoscimento fiscale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©