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Delega fiscale e riforma, un percorso complesso alla prova dei numeri

di Enrico De Mita

La redazione della legge delega approda in parlamento (atto 1038 Camera - Ddl delega). Il punto di partenza senza il quale non può esserci riforma – necessario ripeterlo – sono i numeri: perimetro e impatto della riforma si rapportano alla neutralità finanziaria e invarianza del gettito. Razionalizzazione non può essere razionamento.

L'invarianza sembra tradurre un'idea recessiva di riforma, di conservazione non dinamica dell'assetto attuale. La riforma ben può essere causa di allocazione di risorse oltre che produzione, essa stessa, di risorse.

Il relatore tecnico, però, evidenzia la «genericità delle disposizioni» ed esclude una puntuale valutazione degli effetti di gettito.

La relazione tecnica al Ddl procede da una certezza: i decreti legislativi di attuazione della delega non possono determinare nuovi o maggiori oneri finanziari né incremento della pressione tributaria, incremento quest'ultimo -invero- possibile, per quanto non tollerabile.

L'articolo 1 del Ddl delega prevede che gli schemi dei decreti legislativi dovranno essere corredati da relazione tecnica da cui risulti l'impatto sul gettito anche in termini di tributi degli enti territoriali e della relativa distribuzione territoriale, nonché della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione e dovranno essere trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti.

La clausola di invarianza finanziaria è espressamente prevista dall'articolo 20 del Ddl. In particolare l'articolo 20, comma 3, del Ddl, prevede che qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri o minori entrate, che non trovino compensazione al proprio interno, si provvederà mediante compensazione con le risorse finanziarie recate dai nuovi decreti legislativi attuativi della legge delega futura, da trasmettersi alle Camere prima di quelli che comportano i nuovi o maggiori oneri.

La norma finanziaria finale appare disancorata dall'articolato che la precede, salvo voler leggere nell'efficientamento della struttura dei tributi lo strumento per la riduzione del carico fiscale.

Quando il redattore governativo allude all'efficientamento della struttura dei tributi non sembra riferirsi strettamente alle semplificazioni procedurali dell'accertamento o della riscossione. Infatti, la relazione tecnica, riferendosi agli aspetti di natura finanziaria del procedimento accertativo (articolo 15 Ddl), si premura di osservare «preliminarmente che, in linea generale, le misure di semplificazione e di digitalizzazione potrebbero determinare nel lungo periodo effetti finanziari positivi derivanti da un più efficiente utilizzo delle risorse. In ogni caso, allo stato, tenuto conto della genericità delle disposizioni, non è possibile una puntuale valutazione degli effetti di gettito. Le scelte che verranno operate in sede di attuazione della legge delega saranno, pertanto, determinanti per stimarne l'impatto finanziario».

Lo spazio già identificato della riforma è rappresentato dalla valorizzazione delle residue risorse risultanti dalla “razionalizzazione” di deduzioni, detrazioni, agevolazioni e benefici innominati. Attenzione meno concreta viene riservata alla efficienza delle procedure di accertamento, riscossione e sanzionamento, che significa immediato contrasto all'evasione, strategico anche in chiave riformatrice.

Sono almeno due i principi fondamentali che la legge delega dovrà osservare: il principio di non contraddizione e la legge di conservazione della materia. La riduzione della pressione fiscale, concetto sospeso tra il diritto e la fisica, deve essere percepibile per essere tale.

L'invarianza finanziaria e la timida rilettura di accertamento e riscossione collidono con tale percepibilità.

Forza e potestà della riforma risiedono nei numeri che, insieme agli indirizzi politici, creano il bilancio dello Stato.