Bonus edilizi in mano ai professionisti, due strade per l’utilizzo
A chi ha crediti incagliati resta la possibilità di detrazione dall’Irpef o, con cessione da terzi, di compensazione con F24 (anche con Imu o contributi dei dipendenti). Ma attenzione alla capienza
Professionisti del settore dell’edilizia alle prese con la gestione dei bonus fiscali.
L’accavallarsi normativo, con il continuo stravolgimento delle regole, appesantito dal blocco degli acquisti da parte del sistema bancario, fa sì che molti professionisti si vedano costretti a gestire in maniera diversa, rispetto alle intenzioni iniziali, i vari crediti fiscali legati ai bonus edilizi.
Occorre ricordare che l’utilizzo dei crediti legati ai bonus fiscali è differenziato per i titolari delle detrazioni, da un lato, e per i cessionari dei crediti in caso di applicazione dello sconto in fattura, dall’altro. Diverse sono le regole applicabili a seconda che le spese riguardino interventi su immobili di proprietà, o che il soggetto sia acquirente del credito come nel caso di “sconto in fattura”.
Le detrazioni
Il professionista contribuente che ha realizzato in proprio un intervenuto agevolabile (sia esso semplice ristrutturazione, ecobonus, sisma bonus ovvero superbonus al 110%) su un immobile di cui è detentore o possessore sostenendone le spese può recuperare la connessa agevolazione fiscale in un arco temporale variabile da quattro a dieci anni nella forma di detrazione d’imposta.
In caso di incapienza dell’imposta lorda rispetto alla detrazione fruibile l’eccedenza non può essere né portata in avanti e nemmeno chiesta a rimborso e dunque va persa. Una verifica preventiva sulla “capienza” dell’imposta lorda rispetto alle detrazioni scomputabili è centrale per non perdere il beneficio. Come noto, il meccanismo di calcolo dell’Irpef prevede, infatti, il conteggio dell’imposta lorda sul reddito complessivo imponibile dal quale recuperare poi le detrazioni. Laddove le detrazioni dovessero essere superiori all’imposta lorda l’eccedenza, come detto, va persa. E in questo caso l’unica possibilità resta la cessione della detrazione che nel primo passaggio è libera in quanto può essere eseguita dal titolare a qualsiasi soggetto (non necessariamente un istituto di credito). Ma vanno cedute tutte le quote della detrazione (o quelle residue).
Resta invece possibile, sulla base dei chiarimenti dell’agenzia delle Entrate, in fase di prima cessione cedere parzialmente il credito mantenendo la parte restante. In caso di più fornitori per un medesimo intervento, è possibile infatti effettuare la detrazione delle spese relative alle fatture di taluni fornitori, nonché lo sconto in fattura o la cessione del credito per quelle di altri fornitori.
I crediti compensabili
Nel caso in cui il professionista abbia praticato al committente lo sconto in fattura, il credito d’imposta acquisito va ripartito con la stessa cadenza temporale (in quote annuali) con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione originaria in capo al primo beneficiario (cedente). Al momento dell’utilizzo l’acquirente è tenuto preventivamente a confermare l’esercizio dell’opzione nell’area “Piattaforma cessione crediti” dell’agenzia delle Entrate.
Il credito va indicato nel modello F24 utilizzando il codice tributo istituito con la risoluzione 12/E/2022 e anche in questo caso è previsto che la quota non utilizzata nell’anno non possa essere chiesta a rimborso o riportata all’anno successivo. Il credito è utilizzabile solo in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del Dlgs 241/1997 (bisogna avere dunque F24 da versare). Verificandosi questa ipotesi, il recupero diviene più agevole potendo il contribuente compensare la quota dell’anno anche con l’eventuale Iva a debito (mensile o trimestrale) ovvero con ritenute o contributi dovuti per lavoratori dipendenti o ancora con l’Imu. Laddove la cassa di previdenza di riferimento lo preveda, infine, sarà possibile utilizzare il credito anche con i contributi professionali dovuti da versarsi tramite F24 (ad esempio per gli avvocati).