Imposte

Bonus investimenti, l’uso cambia in base al tipo di rete d’impresa

Per inquadrare la disciplina del credito d’imposta nel caso della rete è necessario capire se è stata costituita una rete-soggetto o una rete-contratto

di Paolo Meneghetti

Come gestire gli investimenti eseguiti dalle reti d’impresa che acquistano beni strumentali materiali o immateriali in relazione al credito d’imposta?

Il tema è stato oggetto di interpretazione da parte delle Entrate, con la circolare 9/E del 2021, in cui si analizzano i vari casi possibili con le relative soluzioni. Va detto subito che la rete d’impresa non rappresenta più un caso isolato. Anzi proprio nel 2021, anche a causa delle esigenze di avere un unico interlocutore per le procedure del superbonus del 110 %, il contratto di rete ha avuto un incremento significativo. L’osservatorio nazionale delle reti di impresa riferisce un trend in crescita nel primo semestre del 2021 del 7,35 % con una larga maggioranza di rete-contratto ( 85% dei casi ) rispetto alla rete-soggetto ( 15% dei casi).

Proprio in relazione a tale crescita numerica diventa interessante indagare la disciplina fiscale degli investimenti eseguiti dalla rete, primo dei quali, con ogni probabilità, la costruzione del marchio che, con la legge 178/20, diventa bene immateriale agevolabile con il credito d’imposta del 10 per cento.

Reti soggetto o reti contratto
Una prima distinzione necessaria per inquadrare la disciplina del credito d’imposta nel caso della rete è capire se è stata costituita una rete-soggetto o una rete-contratto.

Nel primo caso siamo di fronte ad un soggetto che detiene una propria personalità giuridica cui consegue una autonoma obbligazione tributaria, il che porta a concludere che il credito d’imposta spetta all’ente-rete. Quest’ultimo si qualifica come soggetto di cui all’articolo 73 lettera b) o c) del Tuir a seconda che si tratti di ente commerciale o non commerciale. La conclusione è fatta propria dalla circolare 9/E/21, considerando però che, come sopra detto, questo caso è certamente il meno frequente.

L’ipotesi più frequente è che le imprese e/o i professionisti costituiscano la rete contratto, cioè dispongano una serie di regole che vincolano i partecipanti (retisti) senza che si crei un soggetto rete dotato di autonoma personalità giuridica. Di conseguenza, afferma la circolare 9/E al paragrafo 4.1 «(…) gli atti posti in essere in esecuzione del programma comune di rete producono i loro effetti in capo alle imprese partecipanti».

A questo punto, tornando al tema del credito d’imposta per acquisto/costruzione di beni strumentali materiali o immateriali, occorre distinguere due ipotesi:
1 l’investimento è effettuato dall’organo comune ( soggetto designato nel contratto di rete che funge da mandatario con rappresentanza che di norma è uno dei partecipanti-fondatori delle rete) il quale avrà dato incarico al fornitore del bene di emettere fatture direttamente ai retisti per la quota loro attribuibile. In tal caso ogni singolo retista vedrà recapitata una fattura che descrive l’investimento eseguito per la sua quota parte e calcolerà il credito d’imposta limitato all’importo effettivamente addebitato;
2 l’investimento è eseguito direttamente dalla singola impresa-professionista retista quale mandatario senza rappresentanza, e poi costui provvede a “ribaltare” quota parte del prezzo sostenuto agli altri partecipanti alla rete sulla base di accordi preventivamente sottoscritti. Anche in questo caso il credito d’imposta verrà calcolato dai singoli partecipanti in base alla quota effettivamente “ribaltata”.

Beni industria 4.0
C’è un tema non trattato dalla circolare 9 che riguarda le reti miste, cioè quelle nelle quali partecipano sia professionisti sia imprese. Se oggetto dell’investimento fosse un bene strumentale materiale o immateriale qualificabile come Industria 4.0 si porrebbe il problema di come trattare la quota parte imputata al professionista. Infatti, mentre gli esercenti arti o professioni sono ammessi a beneficiare del credito d’imposta per investimenti in beni materiali o immateriali non Industria 4.0. (articolo 1, commi 1054 e 1055 della legge 178/20), per contro sono esclusi dalla agevolazione sui beni materiali o immateriali Industria 4.0. In tal caso deve ritenersi che la quota ribaltata o direttamente fatturata non possa generare alcun credito d’imposta maggiorato (50%, 40% o 20% a seconda dei casi), ma generi, per questi soggetti, unicamente il credito d’imposta ordinario (10% o 6%) che caratterizza l’agevolazione per gli esercenti arte o professione.

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