Controlli e liti

Bonus moda, la ricevuta di scarto è impugnabile davanti al giudice

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di Giorgio Gavelli

L’errore formale che ha determinato lo scarto della comunicazione volta all’ottenimento del credito d’imposta per l’incremento di valore delle rimanenze finali di magazzino nel settore moda e accessori non può impedire l’accesso al bonus e la ricevuta attestante lo scarto costituisce atto impugnabile nel contenzioso tributario, ai sensi dell’articolo 19 del Dlgs 546/1992. La decisione 415/05/2023 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Bari (presidente Di Biase, relatore Napoliello) risolve con questo principio un caso che, potenzialmente, potrebbe riguardare tutti i vari bonus studiati per l’emergenza Covid e non solo. Infatti, l’esclusiva presentazione in modalità telematica delle istanze (che è oramai la regola) ha originato spesso scarti non giustificati, a fronte dei quali ci si è chiesti quale fosse l’iter corretto per tutelare il diritto del contribuente a veder riesaminata la domanda.

Nel caso in esame, una società presentava istanza per l’ottenimento del credito d’imposta previsto dall’articolo 48-bis del decreto Rilancio 2020, modificato dall’articolo 8 del decreto 73/2021. La norma prevedeva, in favore dei soggetti esercenti le attività nel settore moda e accessori indicate dall’articolo 2 del Decreto del 27 luglio 2021, un credito d’imposta (soggetto a ripartizione dell’ammontare stanziato) pari al 30% del valore delle rimanenze finali di magazzino (articolo 92, comma 1, Tuir) che eccedeva la media del medesimo valore registrato nei tre periodi precedenti a quello di spettanza del beneficio.

Seguendo le indicazioni dei provvedimenti 262282 e 293378 del 2021, la società (dotata di un codice fiscale differente rispetto al numero di partita Iva, come accade di frequente, ad esempio a seguito di una trasformazione) presentava la comunicazione per l’accesso al bonus, indicando erroneamente il numero di partita Iva in luogo del codice fiscale. A fronte della comunicazione di scarto, veniva presentata una nuova comunicazione, identica alla precedente se non per l’indicazione del numero di partita Iva, che però veniva scartata in quanto «inviata fuori periodo di trasmissione». Il termine del 22 novembre 2021 era stato rispettato per il primo invio, ma non per il secondo, anche se quest’ultimo era intervenuto entro i cinque giorni dal precedente scarto.

Ai ricorsi presentati dalla società nel termine di 60 giorni dalle due comunicazioni di scarto, l’ufficio eccepiva l’inammissibilità, in quanto tali documenti non costituirebbero atti impugnabili. Eccezione rigettata dal Corte di giustizia barese, secondo la quale la comunicazione di scarto impedisce al contribuente di accedere al credito d’imposta, ed è quindi atto meritevole di tutela giurisdizionale, sulla scia del consolidato orientamento della Corte di cassazione in riferimento al perimetro degli atti impugnabili in giudizio.

Nel merito, poi, il diritto della società a ricevere il bonus è pacifico, essendo stato l’errore formale corretto nel termine di cinque giorni dallo scarto (si veda la risoluzione n. 65/E/2020). Ciononostante, la Corte ha deciso per la compensazione delle spese di lite.

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