Imposte

Bonus prima casa per l’edificio in costruzione, il Covid-19 non allunga il triennio per la fine lavori

La risposta a interpello 39/2021: non rientra tra i termini sospesi dall’articolo 24 del Dl 23/2020 a causa della pandemia

di Angelo Busani

Chi ha acquistato un edificio in corso di costruzione con l’agevolazione prima casa e deve, pertanto, completare i lavori entro tre anni dalla data di registrazione dell’atto di acquisto, non può pretendere di allungare il triennio a causa dell’epidemia da Covid-19.

Lo afferma l’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello 39/2021 del 12 gennaio 2020, nel quale si è osservato il caso di una donazione per la quale era stato domandato il beneficio fiscale in parola (che, nel caso degli atti a titolo gratuito, vale ad abbattere alla misura fissa le imposte ipotecaria e catastale, ma non incide sull’imposta di donazione).

Dell’agevolazione prima casa ci si può avvalere anche per l’acquisto di edifici in corso di costruzione, a patto che (circolare 21 febbraio 2014, n. 2/E e circolare 12 agosto 2005, n.38/E):

•il manufatto risultante dai lavori di costruzione sia classificabile nelle categorie catastali da A/2 ad A/7;

•il contribuente dimostri l’ultimazione dei lavori entro tre anni dalla registrazione dell’atto, e cioè il termine coincidente con il termine di decadenza per l’accertamento dell’imposta di registro, ai sensi dell’articolo 76 de Dpr 131/1986 (testo unico dell’imposta di registro), cui rinvia l’articolo 60 del Dlgs 346/1990 (testo unico dell’imposta di successione e donazione).

Che succede, dunque, se il proposito di terminare i lavori entro il predetto triennio sia reso impossibile dal Covid ? L’Agenzia lascia il contribuente a bocca asciutta, in quanto risponde che il triennio in questione non rientra tra i termini sospesi (a causa dell’epidemia) dall’articolo 24 del Dl 23/2020, vale a dire il periodo:

•di 18 mesi entro il quale l’acquirente deve trasferire la residenza nel Comune;

•di un anno entro il quale il contribuente deve riacquistare avendo proceduto a un’alienazione infraquinquennale della casa acquistata con l’agevolazione;

•di un anno entro il quale il contribuente deve vendere l’abitazione preposseduta e acquistata con l’agevolazione prima casa;

•di un anno per riacquistare la prima casa al fine di fruire del credito d’imposta.

Tuttavia, solo qualche giorno fa, l’Agenzia (nelle risposte a interpello 6 e 8 del 5 gennaio 2021) aveva riconosciuto che i periodi nei quali, a causa dell’epidemia da Covd-19, si sono verificati «blocchi negli spostamenti delle persone», sono da intendersi come fattispecie di «forza maggiore»: con la conseguenza, ad esempio, che il termine di un anno dall’acquisto (o di due anni, se ci sono lavori di ristrutturazione da svolgere) entro il quale una casa deve essere adibita a dimora del contribuente, al fine di rendere detraibili gli interessi del mutuo stipulato per finanziare la compravendita, si deve intendere prolungato di un numero di giorni pari alla durata del lockdown.

Ebbene, non appare possibile non applicare questa osservazione anche al caso dell’acquisto del fabbricato in corso di costruzione con l’agevolazione prima casa.

Quando è, dunque, che si verifica un caso di forza maggiore ? Quando accade un evento che ha la caratteristica di essere:

•sopravvenuto (e cioè non già in atto nel momento in cui il termine ha iniziato a decorrere, perché, se fosse in atto, bisognerebbe considerarlo);

•oggettivo (e cioè non imputabile al singolo contribuente ma valevole per chiunque si trovi in una situazione identica);

•non prevedibile e inevitabile (poiché se fosse stato prevedibile o evitabile, il contribuente ne avrebbe dovuto tener conto).

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