Bonus ricerca e sviluppo, contestazioni supportate dallo Sviluppo economico
La Ctp Vicenza richiede l’intervento del ministero per disconoscere il credito
I controlli sui crediti d’imposta per ricerca e sviluppo da parte delle Entrate come previsto dalla recente direttiva sono stati intensificati e, con essi, sono aumentate anche le contestazioni. In molti casi si tratta però di rilievi conseguenti a opinioni dei verificatori sulla asserita assenza di «novità» della ricerca senza alcun concreto supporto dell’organo a ciò sovraordinato (ministero dello Sviluppo economico) e spesso facendo riferimento a criteri contenuti nel Manuale di Frascati peraltro fino a qualche anno fa ignorati anche dall’Agenzia. A fronte di tali rilievi i verificatori contestano l’inesistenza del credito con tutte le conseguenze sia tributarie che penali.
Le spese per acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo di nuove conoscenze eccetera allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati possono beneficiare di un credito di imposta. Tale previsione ha generato da subito difficoltà applicative sia per la qualificazione di alcune spese, attesa la loro elevata complessità tecnica, sia per l’esatta individuazione del concetto di «novità».
La norma non individua espressamente gli investimenti agevolabili, limitandosi a un’elencazione di carattere generale. Al fine di agevolare i possibili controlli, il Dm 27 maggio 2015 prevedeva la possibilità per l’Agenzia di chiedere un parere tecnico al ministero per valutazioni di carattere tecnico in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti.
Tuttavia, poiché la richiesta di tale parere non è obbligatoria, gli Uffici, di norma, si limitano a una valutazione degli investimenti sulla base di alcune indicazioni contenute in documenti di prassi che rinviano al manuale di Oslo (circolare 5/2016) e al manuale di Frascati (risoluzione 40/2019).
È evidente, però, che se un contribuente ha sostenuto spese per studiare e ricercare un determinato prodotto o processo, non si tratti da qualcosa già noto a chiunque e di facile applicazione. Ne consegue l’opportunità che l’idoneità (o meno) delle spese sostenute, stante lo spiccato tecnicismo, sia oggetto di approfondimento da parte dello Sviluppo economico, nell’ovvio presupposto che i funzionari dell’Agenzia non possano essere sufficientemente competenti in ogni settore di attività. In tale contesto, la Ctp Vicenza (sentenza 365 depositata il 9 luglio 2021, presidente Fiore, relatore Riondin causa patrocinata dagli avvocati Artuso, Celebron, Moschetti) ha confermato la necessità del parere tecnico dello Sviluppo economico per il disconoscimento del credito di imposta.
In merito all’assenza di requisiti rispetto al manuale di Frascati si segnala poi la decisione 6 maggio 2021, del Tribunale di Aosta, che, avallando la richiesta della locale Procura ha ritenuto non sussistente l’indebita compensazione di crediti inesistenti non fosse altro perché le previsioni di tale manuale sono rientrate nella prassi dell’amministrazione da poco tempo e non hanno applicazione retroattiva.
Talvolta, gli Uffici pur confermando la sussistenza di investimenti «potenzialmente innovativi», escludono il beneficio non trattandosi di novità assoluta nel settore di appartenenza e per altri settori merceologici. Secondo questa tesi deve trattarsi di «novità» in termini assoluti per la generalità dei fruitori. Tuttavia, nessuna norma prevede una portata tanto vasta dell’investimento, paragonabile quasi ad un bene brevettabile. Sembra più verosimile, infatti, in assenza di tale requisito, che sia agevolabile in via generale l’investimento operato da qualunque contribuente che abbia “innovato” la propria struttura/attività ed anche utilizzando «conoscenze e capacità esistenti».