Imposte

Bonus ricercatori e impatriati anche da remoto

Con due interpelli sul tema (222 e 223), il Fisco fornisce nuovi chiarimenti: sì al regime agevolato perché il reddito pre-rientro è stato comunque prodotto fuori dal territorio italiano

di Antonello Orlando

Nuovi chiarimenti delle Entrate sia per i lavoratori impatriati sia per i ricercatori che si siano trasferiti nel nostro paese. L’amministrazione finanziari con la risposta a interpello 222/2022 ha esaminato il caso di una ricercatrice che richiedeva il regime agevolato potenziato dal 2020 a opera del Dl 34/2019 che consente l’abbattimento del 90% dell’imponibile fiscale nell’anno del trasferimento fiscale in Italia e nei 5 periodi di imposta successivi.

Rispetto ai requisiti previsti dal Dl 78/2010 per accedere al regime fiscale agevolato, la cittadina istante, in possesso di un titolo di studio universitario, ha sottoposto alle Entrate due particolarità che avrebbero potuto essere considerate ostative: rispetto al requisito di svolgimento di attività di ricerca o docenza all’estero per almeno due anni continuativi, la stessa aveva anche svolto un’attività lavorativa subordinata part-time fuori dall’Italia in remote working contemporaneamente all’attività di docenza e ricerca all’estero con anche un soggiorno di quattro mesi di ricerca in Italia, mantenendo la residenza fiscale all’estero, nel 2017. Ulteriore punto di attenzione richiamato nel quesito riguardava il periodo di ricerca all’estero che rispettava il requisito della residenza estera per un periodo di due anni continuativi (dall’autunno del 2014 all’estate del 2016), ma al contempo senza coincidenza temporale con i due anni anteriori al rientro in Italia nel 2022.

L’Agenzia ha confermato la non ostatività del non avere svolto all’estero periodi di ricerca anche prima del periodo immediatamente anteriore al rientro in Italia. In riferimento al lavoro subordinato svolto a favore dell’Italia da remoto in stato estero, l’amministrazione finanziaria non ha manifestato particolari rilievi in quanto l’attività di lavoro dipendente part-time per la società italiana, essendo stata svolta dall’estero, ha prodotto tali redditi fuori dal territorio italiano, senza interferire rispetto ai requisiti normativi per l’agevolazione; allo stesso modo il periodo di ricerca svolto in Italia, avendo durata inferiore a 183 giorni non ha pregiudicato la residenza estera per il 2017 per la ricercatrice.

Il quesito protagonista dell’interpello 223 è stato invece posto da parte di un medico che aveva svolto attività lavorativa in modalità agile alle dipendenze di un datore di lavoro estero, eseguendo contemporaneamente anche un’attività lavorativa occasionale non dipendente in Usa. Lo psichiatra italiano, iscritto all’Aire dal 2012 e residente da quel momento dagli Stati Uniti, da maggio 2012 interromperà le due attività in presenza negli Usa, per siglare una collaborazione di telepsichiatria alle dipendenze di una società americana e a favore di pazienti localizzati negli Usa. Da giugno prossimo il medico si trasferirà fiscalmente in Italia rientrando nel nostro paese con un patto di smart working siglato con la clinica americana. Il quesito posto dal medico riguarda la possibilità di fruire dal 2022 dell’agevolazione per impatriati prevedendo un periodico rientro negli Usa con periodi di lavoro di massimo 15 giorni all’anno, con la possibilità di godere del credito d’imposta per la doppia tassazione sostenuta per i medesimi redditi negli Usa e di mantenere il bonus fiscale anche in caso di variazione del datore di lavoro.

L’Agenzia ha confermato la fattibilità di questo quadro: il rientro, pur se in regime di remote working, per lavorare dall’Italia manifesta il legame fra rientro in Italia e inizio dell’attività lavorativa che dà diritto all’agevolazione; l’Agenzia ha aggiunto poi che i periodi sporadici di lavoro negli Usa, inferiori ai 183 giorni annui, non saranno agevolabili, ma non pregiudicheranno il bonus per i redditi prodotti in Italia. Le Entrate hanno escluso l’applicabilità del credito di imposta per attività professionali non abituali negli Usa che, secondo la convenzione vigente con l’Italia, saranno imponibili solo nel nostro paese, rassicurando lo psichiatra anche sull’eventuale futura variazione del datore di lavoro che mantiene inalterata la durata del beneficio fiscale per impatriati.

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