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Bonus Sud, nel nuovo modello solo le spese 2023

Per gli acquisti effettuati entro il 31 dicembre 2022 si continua a utilizzare il precedente modello (Cim 17) da presentare entro la fine del 2023

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di Alessandro Sacrestano

Con il provvedimento n. 188347/2023, l’agenzia delle Entrate ha reso disponibile il nuovo modello e il software per la richiesta del bonus Mezzogiorno per gli investimenti eseguiti nel corso del 2023.

Il modello, come si dirà in seguito, presenta delle sostanziali differenze con quello in uso per gli investimenti eseguiti fino al 31 dicembre 2022; mentre, infatti, quest’ultimo consentiva la prenotazione del credito d’imposta per più annualità, la versione aggiornata per il 2023 del modulo di domanda permette di indicare gli investimenti per una sola annualità.

L’agevolazione

Il credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nel Mezzogiorno è disciplinato dall’articolo 1, commi da 98 a 108, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. L’incentivo è applicabile, con alcune varianti significative, anche nelle aree Zes (articolo 5, Dl n. 91/2017) e le Zls (articolo 1, commi da 61 a 65-bis, Legge n. 205/2017).

Soggetti beneficiari del bonus sono le imprese con unità operative ubicate in Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia o nelle regioni, come l’Abruzzo, “in transizione”, ossia quelle in cui il Pil pro-capite è ricompreso tra il 75% e il 90% della media Ue.

Sotto il profilo oggettivo sono agevolate tutte le imprese, ma l’agevolazione non si applica ai soggetti che operano nei settori dell’industria siderurgica, carbonifera, della costruzione navale, delle fibre sintetiche, dei trasporti e delle relative infrastrutture, della produzione e della distribuzione di energia e delle infrastrutture energetiche, nonché ai settori creditizio, finanziario e assicurativo e, più in generale, alle imprese in difficoltà. Per le aree Zes/Zls sono escluse anche le imprese che operano nei settori dell’agricoltura e della pesca e acquacoltura.

Rientrano tra gli investimenti agevolabili tutti i beni materiali consistenti in macchinari, impianti diversi da quelli infissi al suolo, ed attrezzature varie, classificabili nell’attivo dello stato patrimoniale alle voci B.II.2 e B.II.3 dello schema previsto dall’art. 2424 c.c..
Limitatamente alle Zes/Zls, rientrano fra i beni agevolabili anche i terreni e gli immobili strumentali per progetti di investimento nel limite massimo, per ciascun progetto, di 100 milioni di euro.
Con decorrenza 1° maggio 2022, il credito di imposta è esteso anche all’acquisto di terreni e all’acquisizione, alla realizzazione ovvero all’ampliamento di immobili strumentali agli investimenti.

Presupposto fondamentale per l’accesso ai benefici, anche in area Zes, è la realizzazione di un “investimento iniziale”, ossia:

la realizzazione di un nuovo stabilimento;

l’ampliamento di uno stabilimento esistente;

la diversificazione della produzione di uno stabilimento;

la trasformazione radicale del processo produttivo complessivo di uno stabilimento esistente;

la riattivazione di uno stabilimento chiuso o che sarebbe stato chiuso qualora non fosse stato acquisito.

Limitatamente agli investimenti in area Zes, le imprese devono mantenervi l’attività per almeno sette anni dal completamento dell’investimento e non devono essere in stato di liquidazione o scioglimento.

Le norme in discussione garantiscono un bonus nella misura del 45% alle piccole imprese, 35% alle medie imprese, 25% alle grandi imprese. I predetti valori sono tutti ridotti del 15% per gli investimenti eseguiti in Abruzzo.

Le nuove procedure di accesso al credito d’imposta

L’accesso alle agevolazioni è subordinato alla trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate di una istanza telematica preventiva.

Come detto, nel nuovo format di richiesta licenziato dall’Amministrazione Finanziaria, è possibile richiedere il bonus per i soli investimenti eseguiti nel 2023, mentre non sono più riportabili gli investimenti fatti nelle annualità precedenti.

Qualora fosse necessario, quindi, per l’impresa richiedente accedere al bonus per più annualità, questa dovrà inviare due differenti modelli telematici: un primo per la richiesta o la rettifica del bonus maturato fino a tutto il 31/12/2022, e un secondo, utilizzando il nuovo modello, per richiedere il riconoscimento del bonus per gli investimenti eseguiti o da eseguirsi nel 2023.

Al riguardo, il recente Provvedimento delle Entrate evidenzia che il vecchio modello di domanda si potrà continuare ad usare non oltre il prossimo 31 dicembre esclusivamente per richiedere l’incentivo maturato fino al 2022.

Come sottolineato dalle Entrate, il nuovo modello di richiesta del bonus per il 2023 (CIM23) è stato sensibilmente semplificato. Nella sezione II, infatti, dove trova spazio l’indicazione degli investimenti e del corrispondente credito d’imposta, non sono più rinvenibili le annualità dal 2016 al 2022. Infatti, nel modello in corso sono evidenziabili i soli investimenti eseguiti nell’anno 2023, indicando tale annualità nell’apposito spazio nel frontespizio.

Nel frontespizio andranno riportati i dati dell’impresa e del rappresentante firmatario, l’eventuale rinuncia al credito già riconosciuto in precedenza o la rettifica di una comunicazione già presentata. In tale sezione è presente anche la dichiarazione sostitutiva di atto notorio.
Seguono il quadro A, dove riportare i dati relativi al progetto d’investimento e al corrispondente credito d’imposta, il quadro B, dove esplicitare la struttura produttiva interessata dal progetto, il quadro C per l’elencazione dei soggetti sottoposti alla verifica antimafia e, infine, il quadro D dove evidenziare altre eventuali agevolazioni concesse o richieste, compresi gli aiuti de minimis.

La trasmissione del modello può essere eseguita o dall’impresa beneficiaria o da un intermediario incaricato, utilizzando il software «CIM23», disponibile sul sito dell’Agenzia.
Per la richiesta del bonus è fissato un tempo limite e, cioè, il 31 dicembre 2024, ossia l’anno successivo a quello in cui sono avvenute le acquisizioni da parte delle imprese.

Per gli acquisti effettuati entro il 31 dicembre 2022, invece, si continuerà ad utilizzare il precedente modello (CIM17), presentandolo non oltre il 31 dicembre 2023.

Le contestazioni sull’acquisto degli automezzi attrezzati

Nel mentre l’Amministrazione dà il via alla procedura di richiesta del bonus per il 2023, su altro fronte si registrano alcune prese di posizioni restrittive in sede di controllo.

In particolare, per quanto attiene all’inclusione fra i beni agevolati di alcuni beni materiali che possono presentare caratteristiche riconducibili sia alle tipologie agevolabili sia a tipologie non agevolabili, ad esempio un’autogru ovvero un carro-attrezzi e simili, che incorporano un macchinario ad un automezzo, la circolare n. 34/E/2016 del Fisco ha esplicitamente evidenziato che in tali ipotesi, atteso l’esplicito rinvio della norma agevolativa all’articolo 2424 del codice civile, ai fini della qualificazione dei beni medesimi tra quelli agevolabili, dovrà farsi riferimento alla corretta classificazione di bilancio. Conseguentemente, i relativi costi di acquisizione di tali beni potranno essere computati tra gli investimenti agevolabili se correttamente iscritti nelle richiamate voci B.II.2 e B.II.3 dello schema di Stato Patrimoniale.

Quanto sopra, quindi, ha da sempre legittimato le imprese ad agevolare gli automezzi classificabili come mezzi d’opera o come veicoli complessi in quanto dotati di particolari attrezzature per il carico e il trasporto di materiali di impiego o di risulta dell’attività edilizia, stradale, di escavazione mineraria e materiali assimilati o che completano, durante la marcia, il ciclo produttivo di specifici materiali per la costruzione edilizia, sia che siano idonei allo specifico utilizzo nei cantieri, sia che siano utilizzabili promiscuamente su strada e fuori strada.

In fase di controllo, comunque, l’Agenzia sta ritrattando la posizione espressa nella circolare citata, avallando il proprio ragionamento con una documentazione attinente a fattispecie non altrettanto congruenti. Fra questi, le risposte ad Interpello nn. 542 e 544 del 2020 che, segnatamente all’agevolazione di cui all’articolo 1, commi 184-197, della Legge n. 160 del 2019 (Credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi), riferendosi ai medesimi beni “complessi” hanno evidenziato che, in coerenza con quanto chiarito nella circolare Mise n. 4/E del 30 marzo 2017, riferita alla precedente disciplina dell’iper ammortamento, ma i cui criteri generali devono considerarsi valevoli anche agli effetti del nuovo credito d’imposta, precisa che l’agevolazione può applicarsi limitatamente alla parte qualificabile alla stregua di “macchina”, vale a dire alle componenti e alle attrezzature, tenendo escluso il costo dell’automezzo sottostante. Per suffragare tale ragionamento il Fisco si avvarrebbe anche di quanto stabilito nella Circolare n. 14301/2019 del Ministero dei Trasporti, sulla classificazione degli automezzi fra i veicoli per trasporto specifico.

Al di là delle considerazioni sulla compliance fiscale, che deve sempre salvaguardare la posizione dei contribuenti che, affidandosi legittimamente alle indicazioni ricevute in documenti di prassi ufficiali, hanno realizzato una serie di investimenti, va parimenti segnalato che il riferimento del Fisco ai documenti di prassi citati è del tutto fuori luogo, atteso che l’agevolazione disciplinata dall’articolo 1, commi 184-197, della Legge n. 160 del 2019 non premia gli investimenti, come l’articolo 1, commi da 98 a 108, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ma, piuttosto, l’interconnessione e, quindi, si muove su presupposti normativi per niente sovrapponibili.


Questo articolo fa parte del Modulo24 Tuir del Gruppo 24 Ore.

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