Adempimenti

Brexit, operatori Uk con identificazione Iva in cerca di conferme

Chi non ha ancora trasformato la partita Iva comunitaria attende di capire se può procedere con il vecchio identificativo o deve ricorrere al rappresentante fiscale

di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

Con la firma dell’accordo raggiunto fra Regno Unito e Unione europea troverà applicazione anche il protocollo sulla cooperazione amministrativa e la lotta alle frodi in materia di Iva.

Ne dovrebbe derivare la possibilità per gli operatori britannici (e simmetricamente per quelli comunitari, in forza del principio di reciprocità) di continuare a operare mediante identificazione diretta ai fini dell’imposta, anziché esclusivamente tramite la nomina di un rappresentante fiscale. Allo stesso modo, la scelta fra l’una o l’altra forma di “registrazione” agli effetti dell’Iva dovrebbe essere ammessa anche per il futuro, a seconda delle valutazioni di convenienza e delle esigenze del singolo operatore economico. Come precisato a suo tempo dall’agenzia delle Entrate nella risoluzione 220/E del 2003, l’identificazione diretta di cui all’articolo 35-ter del Dpr 633/1972 è riservata, oltre che ai soggetti residenti in altri Stati membri Ue, anche agli operatori di paesi terzi. Ciò, però, soltanto all’ulteriore condizione che con lo Stato extraUe d’appartenenza di tali soggetti siano stati stipulati accordi di cooperazione amministrativa «analoghi a quelli vigenti in ambito comunitario». Non ricorrendo all’epoca tale circostanza, la risoluzione concludeva affermando che nessun contribuente di paese terzo poteva avvalersi di questa modalità d’identificazione ai fini Iva.

La situazione potrebbe però cambiare con riferimento al recente accordo Uk-Ue, il quale, come anticipato, contiene regole sulla mutua assistenza e la cooperazione in campo Iva che appaiono allineate a quelle attualmente in vigore fra Stati membri comunitari (e che sono peraltro oggetto di continuo aggiornamento e implementazione). Ne dovrebbe seguire che con il Regno Unito possa ora considerarsi in vigore un accordo del tipo di quelli che impegnano i paesi Ue e che legittimano l’identificazione diretta ai fini del tributo.

L’incertezza che ha contraddistinto fino all’ultimo l’uscita dall’Unione della Gran Bretagna, ha probabilmente indotto molti ad anticipare le scelte. È così verosimile che gran parte degli operatori d’oltremanica abbia già provveduto a “trasformare” la partita Iva comunitaria, assunta in passato nelle forme dell’identificazione diretta, nominando un rappresentante fiscale. Per chi non avesse già provveduto, magari proprio contando su un accordo in extremis, diventa invece urgente sapere se può continuare ad agire con il numero Iva precedentemente attribuito e con il quale è direttamente identificato (in Italia, ai sensi dell’articolo 35-ter, Dpr 633/72) o se deve ricorrere al rappresentante fiscale (di cui all’articolo 17, comma 2, stesso decreto). Un intervento ufficiale da parte dell’amministrazione finanziaria è pertanto quanto mai necessario e opportuno.

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