Imposte

Calciomercato, rischio plusvalenze fittizie generate con il diritto di riacquisto

immagine non disponibile

di Roberto Bianchi

Il Consiglio federale della Figc del 17 aprile 2019 ha introdotto novità rilevanti che testimoniano l’importante impegno che la Figc sta profondendo per ovviare a gravi “lacune” dell’ordinamento sportivo alla base di alcune situazioni paradossali verificatesi nei mesi scorsi. Tali novità riguardano, tra l’altro, anche la revisione della disciplina sul cosiddetto «diritto di ricompra», vale a dire il diritto che la società cedente i diritti di un giocatore si riserva di riacquistare il giocatore stesso dopo un certo periodo di tempo.

Con la nuova formulazione del comma 4, articolo 102 delle Norme Organizzative Interne della Federazione viene infatti ribadita la possibilità che, seppure a determinate condizioni, una società di calcio professionistica possa trasferire il diritto alle prestazioni sportive di un calciatore e nel contempo pattuire con la società cessionaria che acquisisce il diritto alle prestazioni del giocatore un «diritto di opzione» a favore della cedente al fine di attribuire a quest’ultima la facoltà di riacquisire, a una prestabilita data futura, a titolo definitivo il medesimo diritto. Viene tuttavia introdotta la precisazione che gli effetti contabili delle eventuali plusvalenze/minusvalenze derivanti dalla cessione dei diritti decorrono dal momento dell’esercizio o della rinuncia del diritto di opzione.
Subordinare gli effetti contabili dell’operazione di cessione dei diritti al momento della rinuncia del diritto di opzione parrebbe voler incidere su un aspetto che è solo apparentemente tecnico-contabile. In assenza di una previsione quale l’approvata disposizione normativa specifica il diritto di riacquisto potrebbe (forse) legittimare la società che cede i diritti di un giocatore a un prezzo superiore rispetto al valore netto contabile dei diritti stessi a contabilizzare una plusvalenza. Tale plusvalenza, come può accadere nel caso di scambi di diritti pluriennali alle prestazioni dei giocatori, può essere di importo tale da coprire le perdite di esercizio, evitando quindi alla società l’applicazione della normativa civilistica sulla copertura obbligatoria delle perdite. La società cedente, in virtù del diritto di opzione, potrebbe poi riacquistare i diritti alle prestazioni del giocatore, esercitando il diritto di riacquisto: un caso da manuale di “rivalutazione” di un bene dell’attivo.

Con la nuova disposizione, aderendo all’impostazione contabile già seguita da almeno un top club di Serie A, si “congela” invece l’eventuale plusvalenza, riconoscendo la possibilità di imputarla nel conto economico della società cedente se, alla data prevista per il suo esercizio, il diritto di opzione non sia esercitato (o meglio se il diritto di opzione sia oggetto di rinuncia da parte della società cedente).

Se questa è - come sembra - la logica sottesa alla nuova regola, non è invece agevole comprendere per quale motivo lo stesso meccanismo parrebbe applicarsi anche nel caso di esercizio del diritto di opzione. In tale eventualità, infatti, la società cedente verrebbe a riacquistare i diritti alle prestazioni del giocatore e tali diritti dovrebbe essere contabilizzati al costo previsto dalle parti nel momento in cui hanno concluso l’operazione. Ipotizzando che il corrispettivo convenuto per l’eventuale riacquisizione del diritto alle prestazioni del calciatore sia inferiore al corrispettivo previsto per la cessione definitiva si avrebbe peraltro una plusvalenza calcolata su un importo (il corrispettivo della prima cessione) più alto rispetto al valore di riacquisto. E ciò dovrebbe portare il redattore del bilancio a qualche riflessione sull’importo della plusvalenza da imputare a conto economico.

Ma anche nel caso in cui il “costo di riacquisto” sia più elevato dell’importo del corrispettivo per la prima cessione la possibilità di imputare gli effetti contabili nell’esercizio in cui il diritto di ricompra è esercitato dalla società (originariamente) cedente genera qualche perplessità, comportando delle “esternalità” negative rilevanti. Si consentirebbe infatti non solo una rivalutazione di beni dell’attivo della società (originariamente) cedente, ma anche la registrazione di una plusvalenza da parte della società (originariamente) cessionaria.

La riformulazione della disciplina sulla “ricompra” è peraltro di particolare rilevanza in quanto sarà interessante capire se la soluzione adottata rappresenta il segnale che la Figc ha deciso di seguire un approccio diverso da quello adottato in passato, vale a dire lasciare le società libere di scegliere l’impostazione contabile ritenuta più appropriata, non riconoscendo tuttavia gli effetti di determinate operazioni, non conformi alle disposizioni federali, soltanto a fini interni (ad esempio con riferimento al calcolo degli indicatori utilizzati per l’ammissione al campionato), oppure se è un’anticipazione di scelte che verranno formalizzate nelle nuove Raccomandazioni Contabili Figc che potrebbero essere emanate nei prossimi mesi.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©