Imposte

Cantieri non terminati: i crediti già utilizzati vanno riversati all’erario

Contribuenti a rischio se i lavori non vengono completati: per le opere incagliate va valutato il riversamento dei bonus fruiti con sanzione del 30%

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di Giorgio Gavelli

È piuttosto frequente assistere a cantieri sospesi, in particolare per le difficoltà da parte delle imprese di monetizzare i bonus concessi tramite lo sconto in fattura e la conseguente difficoltà ad accollarsi ulteriori importi di crediti fiscali. Questa situazione mette in grave rischio i bonus, anche se già in circolazione e, al limite, già portati parzialmente in compensazione. Infatti, per ottenere il «consolidamento della detrazione» occorre giungere alla fine dei lavori agevolati, raggiungendo quegli obiettivi di risparmio energetico o sicurezza antisismica premiati dal beneficio fiscale.

Va specificato che non esiste una data prestabilita per la fine lavori: non lo è il 30 settembre prossimo per le villette (31 dicembre per gli immobili ubicati nei territori alluvionati), perché questo, più semplicemente, è il termine per effettuare i pagamenti agevolati al 110 per cento. E non lo è neppure il 2024 (data limite per la maggior parte dei bonus “minori”). Tuttavia se, al momento dei controlli da parte dell’Agenzia, i lavori agevolati non saranno terminati, va messa in conto la ripresa fiscale. Tenendo presente che, in ambito ecobonus, la segnalazione da parte dell’Enea all’agenzia delle Entrate scatta trascorsi 48 mesi dalla trasmissione di un Sal asseverato non seguita da una comunicazione di fine lavori.

Il problema riguarda, principalmente, il primo beneficiario del bonus, anche se il credito è stato ceduto o “scontato”. Secondo i commi 5 e 6 dell’articolo 121 del Dl 34/2020 è nei confronti di questo soggetto che l’Agenzia recupera il credito (con sanzioni e interessi) «qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta», mentre cessionari e fornitori rispondono solo «in presenza di concorso nella violazione con dolo o colpa grave», difficile da concretizzare in queste ipotesi.

Quali le contromisure preventive? Occorre in primo luogo distinguere i casi in cui il credito (anche se trasferito) non sia stato ancora (neppure parzialmente) compensato, da quelli in cui ciò è avvenuto. Se il bonus fiscale non è stato utilizzato (e non lo sarà) non vi è danno per l’erario: committente e prestatore possono tentare di accordarsi per sistemare finanziariamente le rispettive richieste (pagamento dei lavori realizzati contro danni da interruzione dell’opera), ma senza detrazione né compensazione degli importi rappresentati dai bonus, lo spauracchio del Fisco non dovrebbe rappresentare un problema. Fatta salva, naturalmente, la possibilità di concordare la fine lavori, eventualmente anche con l’intervento di altra impresa, modificando le pattuizioni originarie.

Qualora, viceversa, il credito sia stato utilizzato, il problema del recupero gravato da sanzioni e interessi è ben presente. Le parti in causa potrebbero in questo caso (preso atto dell’impossibilità di portare a termine l’intervento) procedere di comune accordo al riversamento del credito considerando la sanzione base del 30% e il ravvedimento operoso (e bloccando compensazioni successive), prendendo spunto dalla situazione (pur differente) descritta nella recente risposta ad interpello 348/2023. L’importo scontato relativamente a un Sal superbonus che aveva tutti i requisiti per essere trasferito, dovrebbe essere qualificato alla stregua di un «credito esistente» all’epoca in cui fu utilizzato, salvo poi, per impossibilità sopravvenuta di portare a termine l’opera, essere divenuto «non più spettante» ma non «inesistente».

Più delicata è la situazione dei bonus minori dove lo sconto ha spesso riguardato lavori ancora da eseguire. Tenendo comunque presente che, in base all’articolo 2-ter, comma 1, lettera a) del Dl 11/2023, l’articolo 121, comma 1-bis, del Dl 34/2020 si interpreta nel senso che, per questi interventi «la liquidazione delle spese per i lavori in base a stati di avanzamento costituisce una mera facoltà e non un obbligo». Per cui i comportamenti posti in essere non sono stati illegittimi, ma sono sopraggiunte condizioni che hanno impedito di raggiungere gli obiettivi prefissati a cui è legato il “consolidamento” del bonus. Da cui l’opportunità di evitare futuri problemi riversando il credito “non spettante”. Continuare a litigare per anni, magari in giudizio, tra committente ed appaltatore senza risolvere in anticipo la problematica fiscale potrebbe non essere la soluzione più conveniente.

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