Controlli e liti

Cartelle, 180 giorni per pagare ma ferme le regole sulle rate

Termini allungati con la legge. A fine anno scadono i benefici sulle dilazioni

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Per le cartelle notificate entro fine anno – e a partire dal 1° settembre scorso – ci sono 180 giorni per il pagamento. Inoltre, dalla data di entrata in vigore della norma, non si potranno più proporre ricorsi contro gli estratti di ruolo. Sono le principali novità in materia di riscossione contenute nella legge di conversione del decreto fisco-lavoro (Dl 146/2021), definitivamente approvata.

Termini più lunghi

Per le cartelle, la legge di conversione allunga di 30 giorni la scadenza originariamente stabilita nel decreto, portandola da 150 a 180 giorni, rispetto al termine ordinario di 60 giorni. Si tratta del termine per il pagamento delle somme dovute. Ne deriva che, entro tale periodo, non decorrono interessi di mora né possono essere avviate azioni esecutive o cautelari da parte dell’agente della riscossione.

Di conseguenza, non occorrerebbe affrettarsi a presentare istanze di dilazione se non fosse che a fine anno scadono alcuni benefici disposti dalla legislazione emergenziale. Tra questi, l’elevazione da 5 a 10 rate non pagate per la decadenza dal beneficio del termine. Per rimediare a tale disallineamento rispetto alle esigenze di buona parte dei debitori, bisognerebbe prorogare di un anno l’efficacia delle misure di favore disposte dalla normativa Covid circa le rateazioni.

Si ricorda che il termine per pagare le somme derivanti da accertamenti esecutivi resta invece fermo a 60 giorni dalla notifica. Lo stesso vale per i termini per proporre il ricorso contro la generalità degli atti impositivi.

Ricorsi limitati

L’altra novità è che, a partire dall’entrata in vigore della legge, diventa impossibile proporre ricorso avverso ruoli o cartelle di cui si è venuti a conoscenza attraverso il rilascio degli estratti di ruolo.

Nella modifica apportata all’articolo 12, Dpr 602/1973, è altresì stabilito che l’impugnazione diretta della cartella invalidamente notificata è ammessa solo qualora il debitore possa dimostrare i pregiudizi potenziali tassativamente previsti (partecipazione a gare, verifiche della Pa ex articolo 48-bis del Dpr 602/73, e perdita di benefici dalla Pa).

In realtà, deve ritenersi che l’impugnazione diretta sia sempre ammessa in occasione del primo atto successivo dell’agente della riscossione, anche in assenza delle condizioni stabilite nella nuova norma. Si potrà pertanto contestare il merito della cartella, ad esempio, unitamente al ricorso contro il preavviso di ipoteca.

La modifica nasce dichiaratamente per evitare impugnazioni pretestuose. Non vi è dubbio, tuttavia, che determini un vistoso arretramento del diritto di difesa del contribuente. Non si deve dimenticare, infatti, che l’impugnazione proposta in sede di rilascio dell’estratto di ruolo è stata giustificata dalle Sezioni unite della Cassazione come un necessario bilanciamento della posizione di soggezione in cui si trova il contribuente, in nome di principi costituzionali (sentenza 19704/2015). Diversamente, la tutela del patrimonio del debitore si troverebbe a dipendere dalle decisioni del Fisco in ordine alle azioni da intraprendere: in presenza di un pignoramento presso terzi, è infatti pressoché certo che il ricorso della parte privata non impedirebbe la decurtazione patrimoniale. Mentre un effetto meno invasivo si avrebbe in caso di preavviso di fermo dei veicoli. Senza contare l’ingiustificata disparità di trattamento rispetto, ad esempio, al difetto di notifica dell’accertamento esecutivo, che ben potrebbe essere rilevato già in occasione della raccomandata informativa dell’agente della riscossione.

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