Professione

Casse previdenziali, nessun «salvacondotto» per le delibere senza pro rata

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di Maria Carla De Cesari

Le riforme delle Casse di previdenza dei professionisti per garantire la sostenibilità finanziaria di lungo periodo non possono cancellare il principio del pro rata stabilito nella legge 335/95, articolo 3, comma 12. La legge di Stabilità per il 2014, infatti, non può introdurre, per il passato, un "condono" sulle delibere delle Casse solo con la giustificazione della salvaduardia dei conti.
Il Tribunale di Milano, sezione lavoro (giudice Riccardo Atanasio), ha così deciso la causa di un ragioniere contro l'Ente di previdenza di categoria nonostante la norma di interpretazione autentica contenuta nella legge 147/2013, comma 488. Si tratta di una delle prime sentenze di merito dopo l'ultimo tentativo del legislatore di "blindare" le delibere restrittive delle Casse di previdenza per garantire la sostenibilità finanziaria. Milano potrebbe inaugurare un nuovo filone giurisprudenziale che, come già è accaduto in passato, censura le delibere delle Casse di previdenza non rispettose del principio del pro rata.
Si tratta per le Casse di un percorso accidentato, lungo il quale il legislatore ha prima affievolito il principio contenuto nella versione originaria dell'articolo 3, comma 12 della legge 335: il pro rata, cioè il principio in base al quale le riforme non possono incidere sulle prestazioni pensionistiche con tagli retroattivi, andava dapprima rispettato, quindi è diventato un criterio di cui tener conto, fatte salve le delibere prese prima del 2007.
Infine, di fronte alla giurisprudenza contraria alle Casse, l'intervento della legge 147, con una norma di interpretazione autentica: «gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti ... e approvati dai ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della legge 296 del 2006, si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine».
Nella causa decisa dal Tribunale di Milano, la questione è rappresentata dal calcolo della quota retributiva della pensione determinata, in base alla delibera della Cassa ragionieri del 22 giugno 2002, sulla base della media degli ultimi 24 redditi professionali annuali, al posto del criterio previgente che considerava i 15 redditi annuali dichiarati dall'iscritto migliori tra gli ultimi 20 anni di contribuzione rispetto alla data di maturazioe del diritto alla pensione.
Il calcolo peggiorativo è stato applicato senza salvaguardare quanto già maturato dal professionista fino al momento di applicazione della delibera, con un taglio che si è riverberato sull'intera dote previdenziale.
Il Tribunale di Milano, con sentenza decisa il 17 marzo 2014, resa nota ieri, ha sposato la tesi della difesa del professionista, gli avvocati Anna Campilii e Marco Di Lauro.
Secondo i legali la legge 147 «muta totalmente il presupposto di legittimità degli atti emanati dalle Casse professionali». Infatti, il principio del pro rata – stabilito nella legge 335 – verrebbe scavalcato dal «principio di lettimità di qualsiasi atto ... anche solo finalizzato ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine».
Il pro rata è cancellato in modo tacito, ma l'operazione è vietata dall'articolo 1 della legge 335, secondo cui «le disposizioni della presente legge costituiscono principi fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica. Le successive leggi della Repubblica non posssono introdurre eccezioni o deroghe ... se non mediante espresse modificazioni delle sue disposizioni». Per il Tribunale di Milano perseverare nella difesa di delibere irrispettose del pro rata porterà alla condanna: la Cassazione, sul punto, è stata chiara: da ultimo si veda la sentenza 30 luglio 2012, n. 13607.

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