Imposte

Cedolare e calamità, doppio limite

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di Lorenzo Pegorin e Gian Paolo Ranocchi

La cedolare ridotta al 10% per i contratti concordati nei Comuni colpiti da calamità sconta una doppia limitazione: di perimetro e di tempo. L’agevolazione si applica per le locazioni stipulate – anche in seguito – nei Comuni oggetto di stati d’emergenza deliberati dal 28 maggio 2009 al 27 maggio 2014 e solo ai canoni maturati negli anni d’imposta 2014-2017, salvo proroghe.

L’articolo 9 del Dl 47/2014 ha esteso la cedolare secca al 10% anche ai contratti di locazione a canone concordato per gli immobili ubicati nei Comuni per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza a seguito di «eventi calamitosi» (naturali o causati dall’attività umana) nei cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del Dl (la legge 80/2014). La norma purtroppo non lascia spazio a diverse interpretazioni, tant’è che il suo mancato aggiornamento, in modo a dir poco discriminatorio, taglia fuori i Comuni colpiti dalle calamità verificatesi dopo il 27 maggio 2014, tra cui ad esempio il terremoto dell’Italia centrale.

I contratti agevolati
L’agevolazione riguarda i contratti previsti dall’articolo 2 comma 3, della legge 431/98 che obbligano da una parte i proprietari a richiedere un canone di affitto concordato – cioè calcolato sulla base degli accordi territoriali stipulati dalle associazioni di categoria di inquilini e proprietari – dall’altra garantiscono una durata più breve (3+2) e soprattutto un importante sconto sul versante fiscale (imposte dirette, Imu e Tasi, ma anche imposta di registro per i contratti non a cedolare). In particolare, la cedolare al 10% spetta per i contratti concordati siglati:
• nelle 11 aree metropolitane indicate dal Dl 551/1998 (e nei Comuni con esse confinanti) e nei Comuni capoluogo di provincia;
• nei Comuni ad alta densità abitativa compresi nell’elenco Cipe (datato 14 febbraio 2004);
• da ultimo, appunto, anche nei Comuni dichiarati in stato di emergenza nei cinque anni precedenti il 28 maggio 2014.

Resta da vedere cosa succederà dal 2018 in caso di mancata proroga dell’aliquota del 10%, peraltro già richiesta da più parti. Nei Comuni ad alta tensione abitativa ed elencati dal Cipe è certo che si tornerà al 15 per cento. Aliquota che, secondo logica ed equità, dovrebbe applicarsi (al posto di quella ordinaria al 21%) anche ai contratti agevolati siglati nei Comuni colpiti da calamità, per quanto non citati espressamente dall’articolo 3 del Dlgs 23/2011.

I Comuni interessati
Per applicare l’aliquota ridotta della cedolare, il primo passo è capire se il Comune nel quale è situato l’immobile rientra fra quelli per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza. In mancanza di una lista ufficiale, Il Sole 24 Ore ha raccolto i provvedimenti dei vari commissari per facilitare la ricerca tra gli oltre 3mila Comuni interessati ( http://24o.it/calamita).

In secondo luogo, qualora il Comune colpito da calamità non sia classificabile fra quelli ad alta densità abitativa e su di esso manchi un accordo territoriale locale (caso peraltro frequente), si pone il problema dell’applicabilità pratica. La questione è stata positivamente risolta dalla circolare 12/E/2016, (quesito 3.1 in occasione di Telefisco 2016), in cui viene confermato che, se in questi Comuni non sono mai stati definiti accordi tra le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori per la determinazione del canone «è possibile fare riferimento all’accordo vigente nel Comune demograficamente omogeneo di minore distanza territoriale, anche situato in altra regione», secondo i principi stabiliti dall’articolo 1, comma 2 del decreto Economia-Infrastrutture 14 luglio 2004.

I passaggi pratici
Sotto il profilo strettamente operativo, l’agevolazione per i Comuni colpiti è fruibile in modo pressoché automatico direttamente in dichiarazione dei redditi. La norma, infatti, fa riferimento a stati di emergenza deliberati dal 28 maggio 2009 al 27 maggio 2014, ma non richiede che questa condizione sia in corso al momento della redazione del contratto e tanto meno in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi (lo stato di emergenza può durare al massimo 180 giorni prorogabili per altri 180 giorni).

In buona sostanza è sufficiente che il contratto sia di quelli a canone agevolato (durata 3+2 anni), in presenza di accordi territoriali definiti (o in alternativa, come visto, quelli del Comune demograficamente omogeneo di minore distanza territoriale) e che il Comune appartenga a quelli per cui è stata decretata la condizione di emergenza nel periodo previsto.

Una volta rispettate queste condizioni, la cedolare con aliquota al 10%, si applica sia nel caso in cui il contratto concordato è di recente stipula, (ad esempio redatto nel 2016), sia, a maggior ragione, quando lo stesso è stato sottoscritto in anni precedenti dove, se del caso, la stessa agevolazione si sarebbe potuta applicare fin già dall’anno d’imposta 2014.

Il modello

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